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Brexit

Quali effetti della Brexit sull’agroalimentare italiano?

Il corsivo di Nunzio Ingiusto

 

È andata bene, per ora. Gli agricoltori sono sollevati dal salasso economico di 800 milioni di euro per mancate esportazioni dei loro prodotti nel Regno Unito. L’accordo sulla Brexit non ha messo in crisi l’agricoltura sostenibile europea, che poi vuol dire in larga parte agroalimentare italiano. Dove si produce con energia pulita, biocarburanti, senza fertilizzanti di origine fossile.

La Confagricoltura è tra le associazioni che ha temuto fino alla fine di pagare un prezzo altissimo all’uscita degli inglesi dall’Ue. Timori anche di Teresa Bellanova, ministra dell’Agricoltura che, tuttavia, non potrà abbandonare del tutto la partita. Il futuro è da costruire con mano decisa.

Senza un’intesa, spiega Confagricoltura, solo per l’export di prodotti ortofrutticoli nel Regno Unito gli operatori Ue avrebbero dovuto sostenere un onere di circa 800 milioni di euro. Alla fine gli accordi sono stati firmati senza dazi doganali e quote di mercato.

Come se la caveranno gli inglesi nei prossimi anni con i prodotti Made in Europa è tutto da vedere. Certo, la rigidità di Boris Johnson, avrebbe destabilizzato tutto l’interscambio agroalimentare bilaterale. Qualcuno durante i negoziati ha fatto notare che si stava giocando con 55 miliardi di euro l’anno. Con una filiera abbastanza strutturata per gli obiettivi verdi senza trucchi e furbizie falsamente ecologiche.

Gli investimenti ecosostenibili europei degli ultimi quattro anni non hanno riscontri con il passato. I costi verso il mercato britannico dopo Brexit aumenteranno comunque. Tutte le esportazioni dovranno essere accompagnate da una dichiarazione doganale. Per vini, spumanti e liquori provenienti dalla Ue dal 1° luglio 2021 scatterà poi l’introduzione di certificati di importazione che prevedono anche test di laboratorio. Ricordiamoci – ha ammonito Massimiliano Giansanti, Presidente Confagricoltura – che con circa 780 milioni di euro, vini e spumanti sono la voce più rilevante dell’export agroalimentare italiano nel Regno Unito. Cosa fare per non essere schiacciati dal nuovo regime delle esportazioni? Coerenza green vuole che Roma si dia da fare subito. E gli agricoltori si sono già rivolti al governo. Se l’Italia è l’eccellenza di produzioni bio, senza fertilizzanti, con energie rinnovabili, incamminata sulla via della green Economy, Conte e Bellanova non devono aspettare a lungo per farsi sentire. Rafforzare le iniziative promozionali e trovare nuovi canali di sbocco per il Made in Italy, è una prima risposta da dare. Superare appelli ed inviti bonari per avviare rapidamente una riflessione sulle proposte, presentate dalla Commissione Ue.

In soldoni il governo italiano deve sapere disputare bene la partita per la ripartizione tra gli Stati Ue della riserva di 5 miliardi di euro decisa dal Consiglio europeo. Una misura “per contenere l’impatto economico del recesso del Regno Unito”, ma che è una potente arma in mano ai governi per appoggiare il mondo agricolo. Fors’anche per dimostrare che si è ambientalisti non a parole.

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