Le Filippine hanno informato ufficialmente gli Stati Uniti di voler terminare un importante accordo militare. La decisione di Manila è un bel colpo per l’amministrazione Trump, ma non è stata accolta con particolare sorpresa dai giornalisti e dagli esperti di Asia: il presidente filippino Rodrigo Duterte non ha infatti mai nascosto l’intenzione di distanziarsi dall’America – ex-potenza coloniale e storica alleata – per avvicinarsi invece alla Cina.
COSA PREVEDE L’ACCORDO
L’accordo “Visiting Forces Agreement” (VFA), in vigore dal 1999, fornisce un quadro legale alla presenza nelle Filippine di soldati americani, che ogni anno partecipano a circa 300 esercitazioni militari congiunte. Il VFA non sarà più in vigore tra 180 giorni dalla data dell’annuncio del governo Duterte, cioè dal prossimo agosto. È quindi ancora possibile che Manila decida di rivedere la sua decisione, o che quest’ultima possa rivelarsi soltanto una minaccia volta ai rapporti con gli Stati Uniti. Il segretario della Difesa americano Mark Esper ha comunque parlato di “un passo nella direzione sbagliata”.
L’OK DELL’ESERCITO
Due giorni fa il capo di stato maggiore dell’esercito filippino, il generale Felimon Santos, ha confermato l’appoggio delle forze armate alla scelta del presidente Duterte. Secondo Santos, mettere fine al VFA permetterà alle Filippine di espandere il programma di modernizzazione delle capacità militari e di potenziare i rapporti con il Giappone e l’Australia (entrambi alleati chiave di Washington nel Pacifico). Secondo il portavoce di Duterte, invece, la cancellazione dell’accordo consentirà al Paese di rendersi indipendente dal punto di vista militare e di provvedere dunque da solo alla propria difesa.
LE VOCI CRITICHE
Ma non tutti a Manila sono d’accordo con il presidente. All’interno della stessa amministrazione Duterte c’è chi considera l’ombrello protettivo di Washington una necessità, vista la crescente aggressività della Cina nel Mar cinese meridionale. È questa ad esempio la posizione del ministro degli Esteri filippino Teodoro Locsin, ma anche quello della Difesa Delfin Lorenzana guarda a Pechino con un certo timore. Senza contare che la maggioranza della popolazione ha un’opinione negativa della Cina e preferisce un mondo a guida americana.
COSA FA LA CINA NEL PACIFICO
Negli ultimi anni la Cina si è fatta sempre più presente nel Mar cinese meridionale – una porzione dell’Oceano Pacifico –, costruendo strutture militari e rivendicando a sé molte isole contese tra varie nazioni della regione, Filippine incluse, come ad esempio le Isole Spratly. Rispetto ai suoi predecessori, Duterte è molto più riluttante ad alzare la voce contro Pechino per far valere le posizioni di Manila.
Contenere la presenza del Dragone nel Mar cinese meridionale è diventata una delle priorità geopolitiche degli Stati Uniti. Washington sostiene che se queste acque passassero sotto il controllo cinese, la libertà di navigazione sarebbe a rischio. Un grande danno per l’America, sia strategico che economico: per il Mar cinese meridionale passa circa un terzo del commercio marittimo mondiale.