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Zingaretti Di Maio

Quale sarà il programma economico del Conte versione M5s-Pd? Il commento di Cazzola

Parole vaghe, temi accennati e incognite su fisco, lavoro, welfare e non solo nella trattativa per la formazione del governo giallo-rosso

La cosa che stupisce nelle trattative per la formazione del governo M5s-Pd è che non si parla di merito, non si affrontano quei problemi che di solito si trasformano in ostacoli nella formazione di una maggioranza e di un governo.

Possiamo supporre che di essi si sia presa nota (in termini vaghi e ambigui) in qualcuno dei punti (5 +10) che costituiscono le piattaforme dei due partiti.

Non si sente parlare di lavoro (il Jobs Act va bene così?), di pensioni (che cosa si farà dopo la sperimentazione di Quota 100, sempre che la devianza salviniana della riforma Fornero prosegua nel suo accidentato cammino?).

Il reddito di cittadinanza viene riconfermato dai “gialli” (che lo sottraggono alle critiche della Lega) e non contestato apertamente dai “rossi”, una parte dei quali è pentita di non averlo votato. Per quanto riguarda il Decreto dignità, si pone soltanto un problema facile da risolvere, se si tiene conto dell’esperienza.

Così, com’è oggi, ha prodotto un dualismo ancor più radicale nel mercato del lavoro, perché è vero che sono aumentate le trasformazioni in rapporti a tempo indeterminato a causa della tagliola posta per le proroghe dopo i primi dodici mesi a termine (per il ripristino di un’accentuata causalità), ma è altrettanto vero che i vincoli posti dalle causali introdotti dal Decreto dignità hanno determinato un accelerato effetto ricambio nell’ambito dei contratti a termine. In sostanza, trascorsi i primi dodici mesi, le imprese assumono un altro lavoratore. Basterebbe allora una maggiore flessibilità su questo aspetto per rendere meno penalizzate, sia per i datori che per i lavoratori, il ritorno all’obbligo di fornire una causale.

Ci sarebbero poi da abrogare quelle norme che mortificano il lavoro in somministrazione, anche in questo caso, sulla base di soluzioni concordate con le parti sociali. Il solo aspetto su cui – non per le cose che si dicono ora, ma per le posizioni sia del Pd che del M5S – sembra esservi un accordo che – oltre a privilegiare una riduzione del cuneo fiscale e contributivo – riguarda la cosiddetta sterilizzazione dell’incremento dell’Iva (peraltro già operante dal 1° gennaio prossimo per 23 miliardi e per 29 miliardi l’anno successivo).

Non è sbagliato tassare di più i consumi e di meno il reddito; magari acquisendo solo una parte dei 23 miliardi da un riordino delle aliquote Iva. Si è persino calcolato che l’entrata in vigore degli aumenti previsti costerebbe in media 600 euro all’anno per ogni famiglia.

 

(estratto di un articolo pubblicato sul Sussidiario; qui la versione integrale)

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