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Giorgetti

Putin fra Draghi, Berlusconi e Salvini

I Graffi di Damato

Le ultime dalla e sull’Ucrania, in un intreccio di notizie fra le due sponde dell’Atlantico, fra ciò che Joe Biden decide alla Casa Bianca e Mario Draghi dice al Consiglio Europeo al solito diviso sulle sanzioni a Putin ma anche su altro, sono a dir poco sconvolgenti per le idee coltivate dalle parti, per esempio, dei grillini di tendenza Conte. Ed espresse sul famoso graffito condiviso e rilanciato dal tesoriere delle 5 Stelle fra le proteste del ministro degli Esteri, pentastellato pure lui, Luigi Di Maio. In esso Draghi è un cane atlantista al guinzaglio di Biden.

Il presidente americano invece ha appena deciso di negare all’Ucraina i razzi a media gittata reclamati per una controffensiva ai russi invasori – “Un taglio ai missili”, ha titolato trionfante il giornale dei vescovi italiani Avvenire – mentre Draghi al Consiglio Europeo ha ribadito che Putin “non deve vincere”. E quindi dovrebbe perdere, come il presidente ucraino Zelensky vorrebbe se aiutato adeguatamente dagli occidentali, nonostante qualcuno in Italia, per esempio Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, lo ritenga ormai “libero dal ricatto nazista del battaglione Azov”, arresosi ai russi, e pronto a ragionevoli compromessi. Il principale dei quali potrebbe essere un referendum nei territori occupati dalle truppe di Putin per lasciare decidere alle popolazioni, cioè a ciò che n’è rimasto dopo i massacri e le fughe, con chi stare. E’, guarda caso, un’idea circolante fra i grillini.

Di sicuro in quel graffito di cui dicevo prima resta il guinzaglio, ma le parti sono rovesciate. Il cane è diventato Biden e il padrone è diventato Draghi: ben più del prossimo segretario generale della Nato che i suoi critici hanno immaginato nelle scorse settimane per spiegare la posizione assunta contro Putin. E appena ribadita dopo l’ultima telefonata nella quale il presidente del Consiglio italiano ha trovato il suo interlocutore per niente interessato alla pace, e forse neppure meritevole dopo tutto quello che ha combinato in Ucraina in quasi cento giorni di “operazione speciale”.

Altro quindi che “Putin non deve vincere”, come Draghi ha appena detto al Consiglio Europeo. Putin non deve perdere. E per non fargli perdere la guerra non occorre più che vada a Mosca quel furbacchione di Matteo Salvini, affrettatosi infatti a rinunciare al viaggio preannunciato. Basta aspettare che Zelensky tragga da solo le conseguenze dal rifiuto di Biden di aiutarlo davvero.

Putin non può perdere come curiosamente Giuliano Ferrara ha scritto del loro comune amico Berlusconi in Italia. Al quale ha dedicato un divertente panegirico sul Foglio di natura sportiva, avendo il Cavaliere festeggiato a Milano lo scudetto della sua ex squadra, che gli è rimasta nel cuore anche dopo averla venduta, e a Pisa la promozione del Monza alla serie A, da lui acquistato e rilanciato col fedelissimo Adriano Galliani.

Già Ferrara ha sognato alla fine del prossimo campionato uno scudetto conteso dal Milan e dal Monza, con Berlusconi destinato ad uscirne comunque vincitore, peraltro all’incirca quando si potrà votare per il rinnovo delle Camere, se Conte non riuscirà a impiccarsi da solo al voto anticipato.

Forza Italia, la Lega e il centrodestra nel suo complesso non sono messi molto bene, a parte i successi non a caso indigesti di Giorgia Meloni nei sondaggi. Ma Giuliano Ferrara, per quanto mosso anche lui ogni tanto dal dissenso verso l’ex presidente del Consiglio, di cui fu nel 1994 ministro per i rapporti col Parlamento, evidentemente lo considera ancora un uomo indissolubilmente legato alla Vittoria, con la maiuscola, alla faccia dei magistrati che lo vogliono in galera, alla sua età, e di quei due cani che sarebbero in fondo Biden e Draghi sulle due sponde dell’Atlantico. Non ditelo, per favore, a Travaglio perché qui si rischia davvero il suicidio, dopo il Conticidio dell’anno scorso,

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