Se non era un segreto che gli Usa stanno aiutando Kiev anche con sistemi avanzati di intelligenza artificiale (IA), non si conoscevano fino ad ora i grandi progressi fatti nel campo dall’America con l’aiuto fondamentale di partner tecnologici privati. Ecco chi sono e cosa bolle nella pentola tecnologica del Pentagono nel focus di Bloomberg dedicato alla cosiddetta “AI Warfare” che riprendiamo qui nei punti essenziali.
Esercitazioni
Fort Liberty, Carolina del Nord, estate 2020: i soldati della 18ma Divisione aviotrasportata stanno eseguendo un’operazione molto speciale in cui un sistema di IA ha identificato un target – un tank in disuso – e trasmesso i dati ad una batteria missilistica Himars, che spara e distrugge l’obiettivo.
La guerra con l’IA
Ed è con questa esercitazione senza precedenti e non solo per l’esercito Usa che si apre il focus di Bloomberg sull’IA e il suo impiego militare. Che, sottolinea la testata, “non è più teorico”, visto che oggi il programma sull’IA del Pentagono chiamato Project Maven ha già trovato un impiego nel Mar Rosso, dove i lanciarazzi degli Houthi dello Yemen vengono presi di mira dalle unità della Marina a stelle e strisce che si avvale proprio dell’IA per identificare i target.
Ma l’America, precisa Bloomberg, non è sola: anche Israele in queste ultime settimane di guerra a Gaza ha fatto ricorso all’IA, proprio come sta facendo Kiev per respingere i tentativi di avanzata dei russi.
La sfida di Pechino
Malgrado l’esitazione degli stessi soldati ad affidare alle macchine decisioni da cui dipende la vita e la morte, e i dubbi etici che ne conseguono, Washington accelera perché il suo principale avversario, che si chiama Cina, ha già una strategia nazionale con cui punta a diventare entro il 2030 “il primo centro mondiale di innovazione dell’IA”.
Gran fermento
Molti ufficiali sono convinti ormai che l’IA trasformerà il modo in cui l’America fa la guerra proprio come successe con l’avvento della radio e delle mitragliatrici.
Non a caso oggi il Pentagono ha un ufficiale senior – il col. Thomas J. Kilbride – che comanda le attività del cosiddetto “Algorithmic Warfare” per le quali sono stati chiesti appositamente tre miliardi di dollari da collocare nel budget del 2024.
Un lungo cammino
Malgrado l’IA abbia alle spalle una storia non breve che vide sistemi antesignani entrare in scena già durante la guerra fredda e occupare un posto non marginale in quell’Operazione Desert Storm con cui gli USA cacciarono gli iracheni di Saddam dal Kuwait invaso nell’agosto 1990, è in campo civile che si sono manifestate quelle ricerche e innovazioni che hanno condotto all’odierna interfaccia chiamata ChatGPT.
Il punto di svolta
Ma è già nel 2017 che, su impulso di un ex sottosegretario all’aviazione, che prende forma il progetto Maven, chiamato ufficialmente al Pentagono “Algorithmic Warfare Cross-Functional Team”, che viene testato sul campo con le immagini registrate dai droni dei NavySEAL in Somalia.
Problemini
Ma sin da subito emerge un problema per il progetto Maven da cui si dissocia, uscendone, il partner privato che si chiama nientemeno che Google, che dichiarò di non volere avere niente a che fare con la “warfare technology”.
Top secret
Da allora il Pentagono ha imparato la lezione custodendo nel più assoluto segreto il progetto Maven e soprattutto i suoi partner tecnologici del settore privato, dotati evidentemente di minori scrupoli di quelli della compagnia di Mountain View.
Ma la riservatezza evapora quando Bloomberg intercetta e fa parlare in modo anonimo una fonte interna a Maven, che elenca tutti i nomi: Palantir, Amazon, Microsoft, Sierra Nevada, ECS Federal, L3Harris Technologies, Maxar, e un’altra mezza dozzina di compagnie che si cuciono la bocca quando Bloomberg chiede loro una conferma della loro partecipazione.
Un test drammatico
Dal lancio del progetto sono stati fatti molti passi in avanti rispetto ai primi zoppicanti tentativi. E il test forse più importante è arrivato nell’agosto del 2021, mese della grande umiliazione globale dell’America costretta ad evacuare da Kabul in fretta e furia.
In quella drammatica circostanza fece la sua parte il Maven Smart System che aiutò i militari a seguire da uno schermo in remoto tutto quello che accadeva a migliaia e migliaia di chilometri di distanza. “Potevo vedere il generale (Chris) Donaue camminare tutto intorno”, ricorda un ufficiale di Maven parlando dell’ultimo americano in divisa a lasciare Kabul.
Il teatro ucraino
Questo ufficiale e gli altri interpellati da Bloomberg si sono rifiutati di rivelare come gli Usa stanno impiegando oggi l’IA per supportare l’Ucraina.
Ma altri, in cambio dell’anonimato, spiegano che Maven Smart System viene impiegato per identificare target russi con immagini via satellite che vengono poi girate agli ucraini che poi prendono di mira quegli obiettivi con missili a guida GPS.
Una di queste fonti ammette che per il Pentagono questo è un momento di apprendimento e di sperimentazione sul campo dei sistemi di IA: il solo Maven Smart System è stato aggiornato e migliorato più di cinquanta volte nei primi dieci mesi del conflitto.
Evoluzioni
Adesso il progetto Maven può valersi della collaborazione di quella National Geospatial-Intelligence Agency che è specializzata nell’analizzare e mappare le immagini satellitari.
Secondo il direttore dell’Agenzia, il viceammiraglio Frank Whitwort, le immagini e l’identificazione dei target sono oggi molto accurate, come ha dimostrato la precisione con cui qualche settimana fa sono stati colpiti 85 obiettivi in Iraq e Siria.
“Maven è diventato eccezionalmente cruciale per le nostre funzioni” ammette un ufficiale, per il quale oltre a un tasso di accuratezza molto alto si registrano vantaggi anche in termini di velocità nell’identificazione dei target tramite gli algoritmi.
Fattore umano
Ma i dilemmi etici restano per sistemi che, osserva Bloomberg, potrebbero confondere un’onda anomala col movimento di una nave e che richiedono perciò una indispensabile mediazione umana.
Ed è proprio per questo che l’anno scorso il Pentagono ha emanato una direttiva che istruiva comandanti e operatori a esercitare “gli appropriati livelli di giudizio umano” prima di premere il grilletto.
Ma non è chiaro se è proprio questo spirito a guidare gli oltre 800 progetti che la Difesa Usa ha avviato nel campo dell’IA e che coinvolgono tutte le armi: esercito, marina, aviazione.
Fattore Cina
Tutti mobilitati con un’unica preoccupazione sullo sfondo che si chiama Cina. Non sono pochi gli ufficiali che guardano con timore ai grandi progressi di Pechino nella capacità di integrare l’IA nel dispositivo militare.
Ed è proprio per questo che la Casa Bianca ad ottobre ha introdotto controlli sull’export dei chip avanzati e imposto sanzioni su un produttore cinese di semiconduttori.
La guerra, ricordava tempo fa un certo graduato, è pur sempre la prosecuzione della politica.