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Austin

Cosa si sono detti i ministri della Difesa Usa e Cina nella prima telefonata

Come è andata la telefonata tra il segretario americano alla Difesa, Lloyd Austin, e il suo omologo cinese Wei Fenghe. Le versioni di Cina e Usa

 

La prima telefonata intercorsa tra il segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin e il suo omologo cinese gen. Wei Fhenge si è trasformata in un’occasione per Pechino per maramaldeggiare e rampognare l’America sulla guerra in Ucraina, su Taiwan e sul confronto in atto nel Pacifico tra le due superpotenze.

Durata tre quarti d’ora e avvenuta sulla linea sicura di comunicazione stabilita dai due Paesi fin dal 2008, la chiamata è stata raccontata dalle due prospettive in modo opposto.

O meglio, stringato comunicato emesso dal portavoce del Pentagono, John Kirby, tradisce l’imbarazzo per un dettaglio subito messo in risalto dai cinesi: Austin tallonava in realtà il più alto ufficiale in carica nelle gerarchie dell’Esercito di Liberazione Popolare, ossia il generale Xu Qiliang, violando così il protocollo istituzionale che prevede anzitutto un dialogo tra pari.

Lo sberleffo del Global Times

Approfittando di questo assist, il Global Times, megafono in lingua inglese del regime, non ha esitato ad assestare ad Austin un vero e proprio sberleffo.

“Nel maggio 2021 – si legge nell’articolo – i media occidentali avevano riferito che Austin non era ancora riuscito a parlare con i leader militari cinesi ‘nonostante i ripetuti tentativi’, ma ciò fu dovuto al fatto che Austin, con un atto poco professionale e amichevole, che ha violato il protocollo diplomatico e le comuni prassi internazionali, aveva chiesto di incontrare Xu Qiliang, vicepresidente della Commissione militare centrale invece di Wei”.

“Questa volta però”, conclude sarcastico il giornale, il Pentagono ha cercato “la persona giusta”.

La versione Usa

Secondo il brevissimo comunicato del Pentagono, i due ministri avrebbero discusso delle “relazioni militari Usa-Cina, dei temi della sicurezza regionale e dell’invasione non provocata dell’Ucraina da parte della Russia”.

Per avere ulteriori dettagli sulla telefonata si sono dovute attendere le consuete dichiarazioni anonime di alti funzionari Usa.

Secondo un esponente del Pentagono sentito dall’Associated Press, Austin avrebbe reiterato la posizione di Biden circa “l’importanza di una corretta gestione della competizione strategica Usa-Cina, inclusi i campi del nucleare, dello spazio e del cyber”. Si sarebbe parlato poi, secondo la stessa fonte, della necessità di “migliorare la comunicazione di crisi tra le due potenze globali”.

Ma al di là di queste linee generali, il confronto avrebbe toccato soprattutto il nodo cruciale dell’Ucraina, con gli Usa sul chi va là per il possibile supporto militare di Pechino a Mosca.

A tal proposito, Reuters ha riportato il commento anonimo di un non meglio precisato “U.S. official” secondo cui Austin avrebbe sottolineato, come era scontato, “l’importanza che Pechino non armi la Russia”.

Al centro del colloquio, secondo la fonte di AP, anche le crescenti tensioni nel Pacifico. La versione ufficiosa del Pentagono è che Austin avrebbe espresso tutta la propria preoccupazione per le “provocazioni militari contro Taiwan” e per le “attività cinesi nel Mar Cinese Meridionale e nel Mar Cinese Orientale”.

Il mondo capovolto di Pechino

Osservato con le lenti cinesi, il confronto tra i due ministri risulta rovesciato.

Secondo il ben più dettagliato comunicato della Difesa cinese, riportato da AP, l’invito rivolto da Wei ad Austin sarebbe stato innanzitutto a “non usare il tema dell’Ucraina come pretesto per screditare … minacciare e fare pressioni sulla Cina”.

Per quanto riguarda invece i fronti di Taiwan e del Pacifico, il ministro cinese avrebbe ribadito la consueta, perentoria richiesta di Pechino agli Usa di “cessare le provocazioni militari in mare” e di rispettare la posizione cinese secondo cui “Taiwan è parte inalienabile della Cina”.

Le parole come pietre del megafono del PCC

Per recuperare la versione cinese più autentica, possiamo ancora una volta rivolgerci al Global Times, testata ben nota per i suoi toni bellicosi.

Già il titolo dell’articolo chiarisce l’intento: “Il ministro della Difesa enfatizza la risolutezza cinese e ammonisce contro le provocazioni Usa”.

Qui l’esortazione rivolta da Wei ad Austin di non usare l’argomento Ucraina per “screditare” la Cina si trasforma nell’intimazione a non “gettare fango” sulla Cina stessa.

Con una scelta scientifica delle parole da mettere in bocca al ministro, il Global Times riferisce di un dialogo in cui l’interlocutore cinese invita la controparte a cercare “la coesistenza pacifica” rinunciando dunque a: 1) “cercare una nuova guerra fredda con la Cina”; 2) mirare a “cambiare il sistema cinese”; 3) sostenere “l’indipendenza di Taiwan”.

Gli Stati Uniti, sarebbe stata l’affermazione del ministro, ”non dovrebbero sottovalutare la determinazione e le capacità della Cina”.

Una Cina che si dice pronta a usare ogni mezzo, “inclusa la forza”, per “risolvere la questione di Taiwan”.

Occasione mancata

Pechino dunque ostentatamente non ha voluto raccogliere la mano tesa dal n. 1 del Pentagono. La relazione bilaterale resta problematica e in particolare sul fronte Ucraina persiste il muro contro muro.

Ma è Taiwan, come Wei avrebbe sottolineato alla sua controparte, il nodo cruciale, che tocca (parola del Global Times) la stessa “dignità” della Cina.

E intanto, sul Pacifico, si rischia ogni giorno un incidente che potrebbe trasformarsi in guerra aperta.

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