La sinistra scende in piazza con i Cinque Stelle. Ma senza il centro. Matteo Renzi e Carlo Calenda disertano piazza Santi Apostoli a Roma dove il “campo largo” di Elly Schlein e Giuseppe Conte si riunisce nella protesta contro autonomia differenziata e premierato.
L’accusa al premier Giorgia Meloni è di “sfasciare la Costituzione”, “spaccare l’Italia”. La segretaria del Pd, Schlein, parla di “becero baratto tra autonomia differenziata e premierato”, dopo che ieri il premierato ha ricevuto il primo sì dal Senato e mentre la Camera era impegnata nello sprint notturno per mandare in porto l’autonomia, per la quale non sarà necessario il referendum. Toni da ultima spiaggia, quelli dell’opposizione di sinistra, che però si guardò bene da usarli quando fu lo stesso capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel suo discorso per la ri-elezione al Quirinale, a ricordare che il processo dell’autonomia differenziata (già in Costituzione), pur nella assoluta garanzia dell’unità nazionale, doveva andare avanti.
Insomma, quella parola allora, quando c’era ancora il governo Draghi, non suonava come una bestemmia istituzionale bollata, ora che la riforma viene dal governo Meloni di centrodestra, da Pd e Cinque Stelle come “spacca-Italia”. Ma a cambiare la Costituzione fu lo stesso centrosinistra nel 2001 con la riforma del titolo quinto della Costituzione che rese possibile la riforma di ora. Per la quale già ci sono stati anni fa due referendum plebiscitari in Veneto e Lombardia che attendono risposta.
Quanto al premierato, approvato a Palazzo Madama, Meloni parla di “un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle nostre Istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati”. Ma per l’opposizione servirebbe ad “avere una donna sola o un uomo solo al comando”, attacca Conte.
Sull’autonomia sotto accusa perché non sarebbero assicurati i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni), il ministro leghista Roberto Calderoli replica secco che non è così: “Stanno parlando di un’altra legge, non di quella in discussione”. È lo stesso Calderoli al quale i Cinque Stelle tentarono di consegnare il Tricolore in chiaro segno di provocazione, gesto al quale seguì la grave rissa alla Camera. Con deputati della maggioranza accusati dalla stessa Meloni di essere caduti in “provocazioni”, che, a suo avviso, proseguiranno.
Di certo, il clima è elettrico. Lontani un’era geologica suonano gli applausi a Mattarella quando parlava di autonomia differenziata e governatori come quello dell’Emilia Stefano Bonaccini non davano affatto dimostrazione di considerare l’autonomia una sorta di bestemmia istituzionale. Al di là del contenuto delle riforme in questione, l’approccio che sta avendo l’opposizione di sinistra sembra più che altro pregiudiziale. Come se solo se le fa la sinistra le riforme avrebbero legittimità. Sennò, se le carte le dà il centrodestra, è “sfascio della Costituzione”. E Calderoli viene additato di fatto come un “secessionista” dei tempi molto remoti.
Intanto, dopo la maratona notturna dalla Camera arriva il sì definitivo all’autonomia. Il primo a esultare è Matteo Salvini: “Una giornata storica: l’Autonomia è legge! Per un’Italia più efficiente e più moderna, con meno sprechi e più servizi a tutti i cittadini. Una vittoria di tutti gli italiani”. Meloni: “Italia rafforzata”. Alle opposizioni Licia Ronzulli, vicepresidente del Senato, di Forza Italia replica: “Non è scambio, è attuazione del programma di governo della coalizione fatta da tre partiti”. Ronzulli sottolinea che il testo è migliorato grazie a FI. Lo sostiene anche il governatore della Calabria, vicesegretario azzurro, Roberto Occhiuto, secondo il quale però il provvedimento si sarebbe potuto “ancora migliorare senza andare a tappe forzate”. Esulta il governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia: “Giornata storica, scritta una bella pagina di democrazia”.