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Pregi e difetti di Meloni fra comunicazione e narrazione (cinese?)

Come si dice “narrativa” in cinese? A proposito di missione in Cina, Rai, Ue, pugile algerina e altro ancora. Il corsivo di Battista Falconi

Che la missione in Cina, forse la più complessa e importante del presidente Giorgia Meloni, sia stata introdotta, accompagnata e conclusa da polemiche sull’informazione è un paradosso solo apparente. Intanto, questa querelle accompagna Meloni per lo meno dalla conferenza stampa della prima legge di bilancio e la perseguita costantemente, in particolare durante le missioni all’estero. E poi è fatale che a dibattere dei diritti siano coloro che li hanno, mentre coloro ai quali sono davvero negati non possono neppure reclamarli.

Proprio per tale ragione sarebbe interessante capire se, quanto e come i cinesi abbiano considerato gli stracci volati tra Roma e l’Ue, mentre Meloni decollava verso Pechino, riguardo al report sullo stato di diritto e ai presunti attacchi contro la libertà di stampa nel nostro Paese. Tra questi, la clamorosa novità di una Rai dove si cercherebbe di compiacere il padrone di turno. I cinesi probabilmente osserverebbero che la maggioranza politica è l’editore dell’emittenza che svolge il servizio pubblico, quindi nulla quaestio. Noi, maliziosamente, potremmo spiegare loro che le rampogne europee rientrano in un momento di tensione con Roma che abbraccia le complesse trattative per la scelta dei commissari, dove ci sono da pesare nazionalità e appartenenza politica; i solleciti sulla concorrenza di taxisti, balneari, autostrade, etc.; le osservazioni sul deficit, che pure coinvolgono diversi paesi; i paletti posti sull’accordo tra Ita e Lufthansa. E in un quadro internazionale che vede tra l’altro la nomina di un rappresentante spagnolo anziché italiano per il fronte sud Nato, fatta in articulo mortis da un segretario uscente.

In una parola di moda, che non sappiamo tradurre in mandarino, la narrativa internazionale sul governo di Roma sembra rovesciata, dopo quasi un lungo corale consenso per la nuova leader: sorprese quello, quando si attendeva un fuoco di fila contro la sovranista assurta a Palazzo Chigi; sorprende questo mugugno, che segue il successo quasi solitario del nostro centrodestra governativo alle ultime elezioni Ue. Nel rovesciamento narrativo, libertà di stampa e stato di diritto sono il mantra più martellante e ancora pochissimo prima della partenza per la Cina era stato il Presidente Mattarella a ripeterlo, inanellando i principi di libertà di opinione, libertà di informazione e informazione corretta.

Qui, nell’ultimo elemento, sta il perno della narrativa lamentosa: il Presidente del consiglio e i suoi sodali ritengono che le critiche loro rivolte siano basate su notizie false o strumentali, viziate nella forma o nella sostanza. Per dire: giusto contestare i giovani di Fratelli d’Italia che fanno battute sguaiate, meno che a scoprirle sia una giornalista infiltrata sotto mentite spoglie; analogamente, inammissibile che una persona venga picchiata perché filma e domanda, ma se è un giornalista meglio lo dica (affermazione pronunciata e poi precisata dal presidente del Senato). Meloni, se il presidente dei famigliari delle vittime accomuna la terribile strage del 2 agosto 1980 e il suo governo, sobbalza, soffre, si sgomenta e contesta: “Attacchi ingiustificati e fuori misura”. Ai cinesi non verrebbe neppure in mente una vicenda simile, ancor meno che l’opposizione, in questo frangente, stigmatizzi non la bestialità ribadita con un “smetta di fare la vittima con le vittime”,ma la replica.

Per carità, non sempre le dichiarazioni meloniane sono così doverose. Sull’incontro della boxeur con la rivale algerina androgina si poteva soprassedere, evitando l’impressione, già sorta con le primissime gare di scherma, che gli italiani quando perdono reagiscano per ripicca (a Roma si dice “nun ce vonnosta”, a Parigi e Pechino non sappiamo). Ma la conclusione diventa allora che il Pdc dovrebbe parlare di meno, oppure compensare le risposte – in termini di comunicazione notoriamente perdenti, l’importante sono le domande – con affermazioni positive e proattive, per esempio valorizzando i dati su occupazione, Pil, contratti.

Anche questo i cinesi faticherebbero a capirlo. Come mai, in un Paese dove le cose vanno discretamente e sicuramente meglio che in altri similari, si chiacchieri di diatribe ideologiche. Forse perché loro le hanno risolte mantenendo un rigido sistema di partito unico, sono più interessati alle questioni concrete. E in tal senso va letta la missione in Cina, che ha riportato sul piano pratico la vieta vicenda della Silk Road: fare business assieme, questo conta, secondo il noto motto locale del “non importa il colore del gatto, purché acchiappi il topo”.

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