Quell’Ignazio La Russa, presidente del Senato, visto nelle foto e in qualche telegiornale accanto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nell’aula di Palazzo Madama che ospitava il concerto di Natale, col viso rivolto in alto alla sua destra non cercava un omonimo del loggista identificato alla Scala che qualche giorno prima gli aveva praticamente gridato contro il suo evviva all’Italia antifascista. Che La Russa, ospite del parco reale, dichiarò poi ai giornalisti di non avere sentito e che oggi sul Corriere della Sera ha commentato dicendo in una intervista: “E’ bastata una frase gridata da un appassionato di ippica perché costui si tramutasse per la sinistra in una specie di eroe nazionale, alla Scurati, che sul fascismo vive grazie ai suoi libri. Ci riflettano, qualcosa non funziona”.
Credo che il presidente del Senato avesse guardato in alto per accertarsi se l’ex parlamentare della sinistra Paola Concia, da lui personalmente invitata al concerto anche per solidarietà dopo le polemiche contro la sua controversa e mancata nomina a presidente di una commissione per l’affettività nelle scuole, ci avesse ripensato. E, anziché rimanere in Germania con la sua compagna di vita, avesse raggiunto Palazzo Madama. No, non l’aveva fatto. Aveva continuato a preferire opporre un’assenza polemica a quella che giustamente Giuliano Ferrara sul Foglio ha definito “stupidata” e “pena” scrivendo del “congedo” imposto alla Concia così: ”Io sono contro il matrimonio unigender da quando i destri di governo avevano i calzoni corti, ma che c’entra con l’educazione alle relazioni, che poi è una stramberia piena di buone intenzioni? Niente”.
LA CIVILTÀ NELLA POLITICA
Sono parole nelle quali, credendo di conoscerlo, credo si sia pienamente riconosciuto questa mattina anche il presidente del Senato dopo avere raccontato nella già accennata intervista al Corriere questo episodio della sua lunga esperienza parlamentare cominciata alla Camera nel 1992: “Un’altra mia amica è stata Vladimir Luxuria. Ricordo che quando venne eletta era intimidita, non sapeva come sarebbe stata accolta. Io, che ero capogruppo di An, regalai una rosa a tutte le elette come benvenuto. Un commesso mi chiese: “Ma anche a Luxuria?”. E io: “E perché no, scusi?”. Lei la gradì molto, soprattutto perché si ruppe il ghiaccio e ne nacque un bel rapporto”.
Ecco. Questo è un modo civile di concepire le relazioni interpersonali e politiche, anche frequentando i loggioni in teatro anziché la platea e i palchi di vari gradi e denominazioni. Tuto il resto, prima di diventare addirittura violenza, è semplicemente cafoneria, maleducazione. Cui la politica è stata ridotta dai troppi che la praticano e la frequentano, pur nelle Camere ridotte inutilmente dai grillini nei seggi, con l’effetto di far vedere meglio quelli che non sanno sedervisi e restare nei dovuti modi. E’ non casuale ma voluta ogni allusione a Giuseppe Conte che dà dei codardi ai ministri e strappa i documenti per disprezzo o protesta.