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Giorgetti

Più parlano i putiniani, più si rafforza Draghi

Gli effetti indiretti delle putinate di Medvedev secondo Francesco Damato Scusatemi ma fra “l’ingerenza russa” e “il ricatto russo” gridati, rispettivamente, da Repubblica e dalla Stampa sulle loro prime pagine, in una unità editoriale ritrovata dopo le diverse valutazioni sul terzo polo elettorale di Carlo Calenda e Matteo Renzi, trovo un po’ troppo ingenerosa la…

Scusatemi ma fra “l’ingerenza russa” e “il ricatto russo” gridati, rispettivamente, da Repubblica e dalla Stampa sulle loro prime pagine, in una unità editoriale ritrovata dopo le diverse valutazioni sul terzo polo elettorale di Carlo Calenda e Matteo Renzi, trovo un po’ troppo ingenerosa la reazione dei principali giornali italiani al solito Dmitri Medvedev. Che da Mosca, fingendo di parlare a tutti gli europei ma in realtà pensando solo o soprattutto agli italiani, non foss’altro perché più vicini di tutti alle urne, li ha esortati a votare contro i loro governi “idioti” e simili. Tanto idioti, nel caso di quello ancora presieduto in Italia da Mario Draghi, da avere partecipato alle sanzioni contro la Russia per l’aggressione all’Ucraina e da fornire a quel mezzo nazista che sarebbe Zelensky aiuti militari non proprio sprecati, come tutti gli altri, visto che la guerra non si è per niente chiusa nei tempi e con gli effetti programmati a Mosca.

Tutti o quasi furenti quindi in Italia per la gamba tesa o la lingua rapace di questo Medvedev col quale ha voluto un poì scherzare solo il vignettista del Foglio, Makkox, attribuendogli l’inciso di “voi che potete” votare, diversamente dai russi che solo a definire guerra quella in Ucraina finiscono in carcere. Noi non possiamo, è rimasto in gola allo sprovveduto. Che nel mio piccolo, anzi piccolissimo, come un granello di sabbia, vorrei ringraziare per l’inconsapevole aiuto che ogni sua sortita fornisce a Draghi. Il quale, per quanto non disponga di un partito suo e non si sia candidato alle elezioni del 25 settembre, è un protagonista, se non addirittura il protagonista della campagna elettorale.

Il Ministero dell’Interno, come largamente previsto, specie dopo la nota di Palazzo Chigi opposta alla sua presentazione per mancanza del consenso dell’interessato, e quindi della trasparenza richiesta, ha inserito fra i 13 bocciati dei cento e più simboli depositati per le elezioni quello degli “Italiani con Draghi” per un “rinascimento” del Paese.

Contemporaneamente, tuttavia, il leader del terzo polo Calenda, affiancato dalle ministre ex forziste Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, dichiarava in una conferenza stampa: “Il nostro obiettivo è chiaro e semplice: Uno. andare avanti con l’agenda Draghi. Due: andare avanti con il metodo Draghi: quello del buon senso e del buon governo. E la capacità di dire dei sì e dei no in modo netto. E possibilmente avere Draghi come presidente del Consiglio” anche nella nuova legislatura, per quanto scontata appaia al centrodestra la propria vittoria elettorale e il conseguente approdo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi come prima donna nella storia d’Italia. O per quanti sforzi faccia il segretario del Pd Enrico Letta di immaginarsi di nuovo presidente del Consiglio, con l’aiutino magari dello stesso Draghi, dopo la brutta esperienza del 2014, quando l’appena eletto segretario del suo partito Matteo Renzi gli disse di “stare sereno” mentre si preparava a scalzarlo alla guida del governo.

La cosa migliore che potrebbe fare per Draghi un uomo come Medvedev, e alle spalle uno come Putin, è proprio quello che stanno facendo con la solita solerzia: sparargli contro, per fortuna solo parole e non anche missili. Di uovo grazie, cari compagni di una quasi ritrovata Unione Sovietica, da voi già servita del resto in altre vesti, o uniformi.

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