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legge consenso

Perché sul “consenso” non c’è consenso

Dopo l’approvazione unanime alla Camera, Lega e obiezioni giuridiche frenano la riscrittura dell’articolo 609bis: timori sulla prova del consenso e tensione nel governo, ma l’accordo politico lascia prevedere un via libera dopo i ritocchi. Il taccuino di Federico Guiglia

 

Lo scontro è politico, ma la polemica è di natura giuridica: come introdurre nell’ordinamento il concetto del “consenso libero e attuale” quale nuovo criterio per determinare e punire lo stupro.

In sostanza, senza l’accordo della donna non più desunto bensì esplicito, valido nel momento in cui si consuma il rapporto e consapevole, quindi non frutto di una costrizione, si può configurare la violenza sessuale da parte dell’uomo.

Tale novità è già in vigore in 21 Paesi europei. Il nostro s’accinge, o meglio, s’accingeva ad allinearsi, perché alla Camera la riscrittura dell’articolo 609bis del codice penale era stata approvata all’unanimità non più tardi di sette giorni fa. Con l’imprimatur della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e della leader del Pd, Elly Schlein, che s’erano intese sul tema.

Contrordine, invece, al Senato. A frenare il testo di legge che sembrava cosa fatta, sono state la Lega e soprattutto alcune obiezioni giuridiche.

Per Matteo Salvini, che per il suo ripensamento cita il lavoro fatto dalla senatrice Giulia Bongiorno, avvocata ed esperta del tema “vittime di violenza”, la formulazione adottata sarebbe vaga e lascerebbe “troppo spazio alla libera interpretazione del singolo, a vendette personali da parte di donne e uomini”. Intasando i tribunali e alimentando gli scontri, “invece che ridurre le violenze”.

“Inaccettabile, di fatto la legge viene smontata e svuotata, smentendo anche la presidente del Consiglio che ne aveva concordato l’approvazione con l’opposizione”, replica Francesco Boccia, presidente dei senatori Pd.

Ma il botta e risposta va oltre gli schieramenti. In punta di diritto il rischio temuto è il rovesciamento dell’onore della prova, come spiega la ministra per le Pari opportunità, Eugenia Roccella.

Oggi è la pubblica accusa a dover provare che l’imputato abbia compiuto un reato. Domani con la formulazione “consenso libero e attuale” – dicono i perplessi -, per l’imputato sarebbe quasi impossibile dimostrare che quel consenso c’era, quindi l’imputato non si presenterebbe più nelle vesti del presunto innocente, bensì del presunto colpevole.

“Attenzione alla tecnica redazionale, quando si interviene su una legge penale anche una virgola può cambiare completamente il significato”, ammonisce pure il ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

Lo scontro arriva dopo che è stata appena approvata all’unanimità la nuova legge che introduce il reato di femminicidio nel codice, punendolo con l’ergastolo.

Dunque, il pieno accordo politico sul come rendere più rigorosa ed effettiva la legislazione riguardante la violenza contro le donne lascerebbe intendere che anche su questa seconda e importante legge indietro difficilmente si tornerà. Per quanto a sorpresa, si può presumere che l’altolà sul consenso libero e attuale, concetto avallato anche da Palazzo Chigi come ricordano le opposizioni, sia momentaneo. Una volta approfondito o ritoccato per evitare malintesi, il testo sarà destinato all’approvazione.

“Entro gennaio”, prevede la senatrice Bongiorno.

Certo, potevano pensarci prima.

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)

www.federicoguiglia.com

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