skip to Main Content

Salvini

Perché la sinistra strepita tanto contro il presidenzialismo?

Che cosa cela la polemica giornalistica dopo la frase di Berlusconi su riforma presidenziale e Mattarella

 

Una frase breve, in risposta alla domanda del giornalista di Radio Capital che chiede se Sergio Mattarella dovrebbe dimettersi in caso di approvazione della riforma presidenziale. Berlusconi che risponde di sì. Ed è subito ’94, quell’eterno ’94 dal quale la sinistra non è mai uscita e dopo 28 anni, come per una coazione a ripetere, torna a demonizzare ma anche a rincorrere il nemico di sempre. Silvio Berlusconi che si rimette al centro della scena. Il gran comunicatore, “Sua Emittenza”, si sa che è ancora imbattibile nell’arte di sparigliare e solo uno sprovveduto potrebbe pensare che la sua centralità vada di pari passo con i numeri del suo partito, peraltro dato in crescita, proprio per l’autonomo valore mediatico, finanziario, economico che la sua storia di imprenditore rappresenta.

Come dire: nel suo caso, come per Cuccia le azioni, i voti non si contano ma si pesano. Così ha ricordato sempre alla cronista qualche ex top manager delle sue aziende. In un colpo solo Berlusconi oscura il piccolo centro terzopolista di Renzi e Calenda, con quest’ultimo che replica più piccato del solito, e, suo malgrado, oscura un po’ lo stesso primato che si era conquistato Fratelli d’Italia da sempre fautore del presidenzialismo.

Berlusconi risponde, quindi, come in un’ ipotesi di scuola, che sì, l’attuale Capo dello Stato dovrebbe dimettersi, seppur, precisa, con l’elezione diretta da parte del popolo “lo stesso Mattarella potrebbe essere eletto”. Poi, alla domanda se potrebbe essere lui stesso candidato, l’ex quattro volte premier glissa: “Mah..parliamo di cose attuali”.

Sono pochissimi minuti di conversazione, in cui, come riconosce lo stesso costituzionalista Michele Ainis, che berlusconiano non è, il presidente di Forza Italia si è limitato a dire “una ovvietà” sul percorso che scaturirebbe dall’approvazione della riforma. E proprio per specificare fin dall’inizio che non si tratta di un attacco al presidente Mattarella, Berlusconi ricorda che propone questa riforma dal 1995, “lo dissi in un discorso a Montecitorio”.

Tutto chiaro? No, si scatena un inferno di attacchi da sinistra. Il Cav precisa che non c’è nessun assalto da parte sua al Colle, nessun attacco a Mattarella e che quella della sinistra “è una campagna di menzogne e demonizzazione”. Cosa che ribadisce oggi in un’intervista al direttore del Giornale, Augusto Minzolini. Enrico Letta, segretario del Pd, lancia subito l’anatema classico: “Destra pericolosa, Mattarella rappresenta il punto di equilibrio della coesione nazionale che viene messo a rischio”. Avanza un sospetto il leader del Pd: ” Questa è un’autocandidatura per il Colle”. Poi, però Letta va al merito della questione e dice chiaramente che il Pd è contro il presidenzialismo: “Sarebbe un grave errore per il Paese”.

Centrato il merito della questione, l’oggetto del contendere è proprio la riforma in quanto tale. E non sospetti e veleni su attacchi di Berlusconi a Mattarella che non ci sono stati. Trattasi dell’antica profonda avversione della sinistra post-comunista e post-dc di sinistra al presidenzialismo in quanto tale. Ovvero quella “Grande Riforma”, unita allo snellimento dei processi decisionali del nostro Paese, che Bettino Craxi lanciò nel lontano 1979, quando già intuì la necessità di un rilancio anche dei lenti e farraginosi meccanismi istituzionali per metterli al passo di un’Italia che stava profondamente cambiando.

Necessità unita alla ferma convinzione craxiana che “il popolo con l’elezione del presidente potesse trovare un’ importante occasione per esprimersi direttamente”. Alla domanda fatta dalla sottoscritta, negli ultimi anni di Hammamet, nel libro “I conti con Craxi”(MaleEdizioni) sul perché quella “Grande Riforma” non andò avanti, Craxi rispose secco e amareggiato: “Ma dove andavo io se i comunisti mi assalirono anche con vignette di Forattini, dove ero raffigurato con fez e stivaloni?”. Insomma, una vera e propria campagna d’odio, tesa a bollare persino Craxi come un fascista.

La storia a sinistra si ripete e sempre uguale. E Berlusconi, che del premier e leader socialista ha sempre difeso la memoria, in occasione del ventennale della drammatica morte a Hammamet di Craxi ha ricordato che Forza Italia è l’erede anche del riformismo modernizzatore, e per questo anti-comunista, craxiano. Craxi, ovvero il nervo scoperto del Pd e del piccolo centro calendian-renziano. Lo stesso Matteo Salvini, leader della Lega che in passato avversò Craxi, riconobbe in un’intervista con la sottoscritta per Startmag.it, durante la raccolta delle firme per il referendum sulla giustizia con i Radicali, che lo statista socialista “ebbe il coraggio delle riforme”. Evocando oltre alla proposta presidenzialista, altre attuate nell’economia e per il nuovo Concordato Stato-Chiesa.

Salvini proprio per discutere del rilancio dell’Italia ieri si è incontrato con Berlusconi in Sardegna. Un incontro favorito dal fatto che il “capitano ” si trovava ad Olbia per la campagna elettorale. La Lega ieri ha presentato il suo programma (ogni partito del centrodestra lo fa a corredo del programma di governo comune della coalizione) in 200 pagine.

Si fissano la “salda” l’appartenenza alla Ue e alla Nato, il presidenzialismo sul modello francese, l’autonomia, la Flat Tax al 15 per cento, l’avvio del nucleare, i decreti sicurezza, il superamento della legge Fornero con l’avvio di quota 41. E ieri sera Salvini in una diretta Facebook ha lanciato la campagna “Lega, no futuro senza ‘Credo’ “.

“Ho iniziato a fare politica da giovanissimo credendo nei valori. Non c’è futuro senza ‘credo’. Credere è il motore di tutto. Della vita, del lavoro, dello sport, dello studio, perfino dell’amore”. Così spiega l’iniziativa di illuminare l’Agenzia delle entrate, Lampedusa, l’Inps e la stazione di Milano. “Da oggi parte la corsa verso il 25 settembre – aggiunge Salvini – Luce sull’Agenzia delle Entrate, perché ‘Credo’ in un fisco più equo, nella pace fiscale, nella Flat Tax. Luce sulla sede dell’Inps, perché ‘Credo’ in pensioni dignitose, nella cancellazione della legge Fornero, in Quota 41, nel ricambio generazionale per offrire ai giovani un primo impiego decoroso. Luce su Lampedusa, porta d’accesso all’Europa, perché ‘Credo’ nel controllo dei confini, nella bellezza dell’Italia, nella necessità che nessun cittadino vada dimenticato o lasciato indietro”. Infine, luce sulla Stazione Centrale di Milano, perché ‘Credo’ debba essere simbolo di sicurezza, modernità, velocità anziché ritrovo di troppi sbandati. Credo nell’Italia, credo negli Italiani”, conclude.

La scritta “Credo” (in bianco su fondo blu e striscia gialla) era già apparsa per l’Italia senza simboli di partito. E ieri sera Salvini ha svelato il “mistero”.

Back To Top