L’orrore di Bucha ha preso a schiaffi l’opinione pubblica occidentale, dopo più di un mese dall’inizio del conflitto, mostrando a tutti cosa vuol dire la guerra. La piccola cittadina alle porte di Kiev ha visto le sue strade funestate dalla ferocia dell’esercito russo che ha ucciso civili inermi non ha permesso che venisse data loro una sepoltura civile.
Della strage di Bucha e delle possibili prossime fasi della guerra ne abbiamo parlato con il generale Leonardo Tricarico, ex Capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare.
Prima della strage di Bucha non avevamo ancora visto eccidi di queste dimensioni. Cos’è cambiato, perché i russi si sono macchiati di questo orrore, c’è una strategia?
Non direi dimensioni, direi di questa brutalità e insensatezza. Sono morti senza senso, perché non c’è nemmeno la motivazione bieca della pulizia etnica. Non c’è nessuna ragione. Io non ci leggo alcuna strategia, solo barbarie.
Cosa può fare l’Occidente per fermare questa guerra?
Avremmo dovuto schierare tutto quello di cui c’era bisogno, parlo di una componente fondamentalmente aeronautica ai confini est della Nato, pronta ad intervenire qualora la dissuasione diplomatica non avesse funzionato. Invece oltre a pochi aerei per proteggere lo spazio aereo della Nato non è stato fatto niente.
Avremmo dovuto chiudere lo spazio aereo?
No, assolutamente no. Questa è una fandonia che ha cominciato a girare e poi tutti si sono accodati nel ripetere a pappagallo la sciocchezza della no fly zone. Tecnicamente la no fly zone è una misura che comporta un impiego di risorse che non ci sono, e comunque molto ingente, che tutti i paesi della Nato limitrofi non sarebbero riusciti impiegare. La no fly zone l’ha invocata Zelensky, però nessuno sapeva ciò che diceva e purtroppo chi queste cose doveva suggerirle non ha sottolineato l’insensatezza di quello che veniva detto. Ecco perché la chiusura degli spazi aerei è una questione che ha tenuto per troppo tempo i titoli dei giornali. Una questione che ha fatto perdere tempo e il senso delle cose.
Fino a dove si può spingere il blocco occidentale per non arrivare a uno scontro aperto contro la Russia?
Dobbiamo mettere in campo tutta la deterrenza possibile, ma tutto il mondo non solo l’occidente. Deterrenza vuol dire mostrare le proprie forze e mostrare la determinazione a usarle. Invece, tranne un piccolo ridicolo, ripeto ridicolo, rinforzo terrestre che è proprio quello di cui non c’è bisogno, non è stato fatto nulla.
Un ingaggio estremamente limitato dei paesi Nato sinora?
Non limitato, zero, assolutamente zero. Anzi ridicolo, fossi stato un russo mi sarei messo a ridere.
Secondo lei, nelle intenzioni iniziali della Russia doveva essere una guerra lampo?
Sì, nell’idea di chi ha concepito questa invasione c’era una durata delle operazioni del tutto limitata che avrebbe comportato una marcia senza intoppi verso la capitale, a tratti festeggiata, e parlo della componente che allora era russofila e che ora è rimasta solo russofona, a tratti non contrastata nella parte più ad ovest. Quello che non si è capito è come mai quando i russi hanno realizzato che le cose non stavano andando esattamente come era nei loro piani abbiano insistito in questa impostazione, perdendo molti soldati e molti mezzi e non arrivando a conseguire gli obiettivi che si erano prefissati e ripiegando, rispetto alle ambizioni iniziali, sulla fascia del Donbass e della Crimea.
Secondo lei perché questa guerra non è stata ancora vinta dalla Russia nonostante la sproporzione delle forze in campo?
Perché hanno scoperto un avversario indomito, un popolo che si è armato e che è deciso a difendere la propria terra anche a mani nude. Fortunatamente stiamo dando loro dei mezzi per difendersi e soprattutto dell’intelligence per capire quello che succede e questo ha determinato questo impantanamento dell’esercito russo che però mantiene ancora una capacità che lo rende insidioso e letale per il raggiungimento degli obiettivi più limitati che si è preposto.
Spesso è stato segnalato che durante questa guerra sono caduti diversi generali russi. Questa è una stranezza o è nell’ordine delle cose di una guerra combattuta soprattutto via terra?
È un’anomalia molto rimarcata perché i generali, in genere, non combattono con le truppe. Però evidentemente c’era una linea di comando gerarchica fragile che di fronte alle difficoltà non avrebbe temuto se non con la discesa in campo del personale più esperto e più carismatico, perché evidentemente di questo c’era bisogno, e hanno pagato il prezzo di questa novità.
Tornando alle attività della diplomazia, hanno fatto scalpore le parole del presidente Biden contro il presidente Putin, definito “un macellaio”. Secondo lei che senso hanno queste uscite così forti? Sono strategiche o anche queste sono errori?
Intanto sono fuori posto, fuori luogo e sono esattamente il contrario di quello che ci si aspetterebbe dal responsabile di un grande paese. Non sono tese a distendere le animosità e a promuovere un processo negoziale ma sortiscono un effetto contrario. Sono in parte un errore, in parte non volute ma in parte testimoniano il forte senso di irritazione, l’animo ostile nei confronti di Putin da parte statunitense. Hanno questo doppio significato.
Al consiglio di sicurezza Onu l’India e la Cina non hanno preso posizioni molto forti contro la strage di Bucha. Questo cosa significa secondo lei a livello strategico?
Tutti i paesi dovrebbero tutti promuovere una cessazione delle ostilità. Queste posizioni al Consiglio di sicurezza è assolutamente ininfluente rispetto a questo obiettivo e riflette la posizione che Cina e India hanno mantenuto nei confronti della Russia. Nulla di nuovo sotto il sole.
Secondo lei la Cina sta fornendo armi alla Russia?
Mi auguro di no, non c’è l’evidenza di questa collaborazione. In questo senso gli Stati Uniti e la comunità occidentale hanno chiesto alla Cina di non aiutare militarmente la Russia. Io mi auguro che non l’abbiano fatto però non c’è l’evidenza né dell’una né dell’altra eventualità.
Qualche giorno fa in tv lei ha parlato degli errori russi nell’impostazione della guerra aerea. Secondo lei c’è una strategia dietro questi errori? Si può leggere la volontà di utilizzare in questa prima fase mezzi non altamente tecnologici?
Ci sono errori di dottrina, diciamo. Tutti gli eserciti occidentali sanno che le prime fasi della guerra sono quasi essenzialmente aeree e sono tese a conseguire la supremazia nei cieli. Invece lo spazio aereo ucraino è ancora conteso, e questo provoca delle perdite da entrambe le parti e il blocco delle fasi successive. Quindi sono convinto che sia stato uno dei tanti errori che i russi hanno commesso.
Per porre fine al conflitto è possibile che la Russia alzi il tiro ricorrendo a ordigni atomici, magari di piccole dimensioni?
No, lo escludo. Allo stato no, non c’è alcun elemento che possa far pensare a un’escalation di questo livello. Rimane sullo sfondo quest’opzione ma al momento non è verosimile e non credo che possa essere uno strumento per realizzare gli obiettivi che la Russia si è prefissata.
Quali sono questi obiettivi? La Russia potrebbe accontentarsi del Donbass?
Si potrebbe accontentare di tutta la fascia che porta al mare, l’obiettivo adesso sarebbe, secondo me, inibire l’uso del mare agli ucraini. Non credo che ce la faranno perché ci sono zone in cui non hanno il controllo del territorio e per quanto impegno e per quanto cruente possano essere le prossime operazioni non credo che ce la faranno a raggiungere nemmeno questo obiettivo. Come al gioco dell’oca stiamo tornando a zero, tanti morti, tanta distruzione quando si poteva da subito negoziare lo status del Donbass e dell’Ucraina e la cosa finiva come auspicabilmente finirà però con tanti morti, distruzione, sofferenza e profughi.
Generale, quando finirà la guerra?
Mi chiede una cosa per la quale la mia esperienza mi può aiutare poco. Mi auguro che la data del 9 maggio possa davvero rappresentare il limite, magari anche prima, e comunque spero che non si vada oltre e che si arrivi al 9 maggio ancora in vita.