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Perché la figura di Zelensky risplende sempre di più

Qual è la vera forza di Zelensky. Il taccuino di Federico Guiglia

 

Conforta sapere che, nell’ora davvero più buia, quando il mondo è chiamato a scegliere tra i carri armati e la libertà, l’Italia non intenda “voltarsi dall’altra parte”. Conforta che alle ferme parole del presidente del Consiglio, Mario Draghi, in Parlamento, l’intero arco politico abbia risposto con altrettanta dignità e unità, approvando la risoluzione del governo. Conforta, infine, prendere atto che viviamo in un Paese e con una classe dirigente consapevoli del momento terribile per l’Ucraina e per noi, attoniti e impotenti spettatori. Ma pronti a tutto, pur di non tornare indietro di 80 anni.

Quando l’invasato di allora si chiamava Hitler e l’imbelle quesito -“morire per Danzica?”- all’epoca ripetuto da chi, guardacaso, preferiva “voltarsi dall’altra parte”, oggi non ha più nulla in comune con l’ovazione che un altro Parlamento a noi familiare, quello europeo, ha tributato in piedi a Zelensky, il presidente sotto le bombe, dopo un suo video-discorso esemplare e commovente. Le sempre imperscrutabili circostanze della vita ci fanno ora assistere a due eventi, uno di fine e l’altro di inizio epoca.

Il primo è il crimine di guerra scatenato da Putin, cioè qualcosa di inimmaginabile per chi da 77 anni ha scelto la pace come vaccino dell’anima. Il secondo è l’amore di Zelensky per il suo popolo, la sua Patria e l’Europa tanto desiderata. Un amore per il quale lui e la sua gente sono pronti a sacrificare la vita.

Poiché la figura di Zelensky già adesso risplende alla stregua di un Nelson Mandela del ventunesimo secolo, ossia di un uomo semplice e fino a ieri sconosciuto, ma determinato a non accettare mai l’ingiustizia né la violenza, qualunque ne sia il costo da pagare, il Parlamento italiano in un’ora tanto solenne ha fatto la cosa giusta.

Che non è solo quella di schierarsi dalla parte degli innocenti in balìa delle armate russe, e tanti civili e bambini già uccisi, ma anche di contribuire, con i nostri alleati occidentali, agli aiuti militari, economici e umanitari affinché l’aggredito possa difendersi.

La pace è una cosa troppo seria per lasciarla alla mercé dei prepotenti.

Nessuno può prevedere come finirà quel che non doveva neppure cominciare. Ma l’Europa non è più un’espressione geografica. E l’Italia ha ritrovato il suo ruolo di ponte tra l’Ue e gli Usa, fra l’Ucraina e quanti dell’imbavagliato popolo russo, tanti, non condividono la follia dei missili contro un popolo fratello. Fratello per loro e per noi.

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi)

Federico Guiglia (www.federicoguiglia.com)

 

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