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Quota 100

Vi spiego che cosa si è sbagliato nelle misure anti Covid

Tutto quello che abbiamo sbagliato nella politica economica e non solo contro la pandemia. Il commento di Giuliano Cazzola 

 

Il primo anniversario della pandemia è diventato un argomento di dibattito sui media – soprattutto nei talk show televisivi – proprio nel momento in cui un nuovo governo e una nuova maggioranza sono chiamati a definire una strategia per quando tra pochi giorni verranno a scadenza le prescrizioni disposte dal precedente governo.

Il confronto mediatico si concentra sui limiti, gli errori, i ritardi perché sembra essere questo il solo modo per fare informazione. Spesso – sta qui il medesimo approccio delle procure – si chiede conto alle autorità politiche e sanitarie di non aver adottato fin dall’inizio – quando si lottava con un nemico violento e sconosciuto – quelle misure a cui si è arrivati anche attraverso i limiti, gli errori e i ritardi.

Vi sono invece aspetti inquietanti che nessuno affronta. Uno di questi riguarda i rischi di carattere giudiziario a cui sono sottoposti i dirigenti e il personale sanitario – basta parlare con uno di loro per rendersene conto – in conseguenza degli esposti presentati dai vari comitati dei parenti delle persone decedute, per l’abitudine sempre più diffusa di considerare il decesso non un episodio dell’esistenza, ma un errore del sistema sanitario.

Mi sembrerebbe più opportuno – in questo momento di passaggio da molti punti di vista – sottoporre a verifica l’analisi che è stata alla base della strategia adottata nel corso del 2020, proprio per non continuare a commettere quegli stessi  errori che sono derivati appunto da un’analisi rilevatasi sbagliata.

Ovviamente – a mio avviso – è una riflessione che siamo in grado di impostare oggi alla luce delle esperienze effettuate, senza le quali non sarebbero possibili le considerazioni da compiere adesso in vista di un futuro prossimo.

Io credo che l’errore basilare sia stato quello di imporre un lockdown molto rigoroso da marzo a giugno dello scorso anno (sta qui la principale causa della crisi economia da cui non ci siamo ancora ripresi nonostante che l’apparato produttivo dimostri un’inaspettata vitalità frenata dal ‘’vincolo sanitario’’ all’interno del Paese e nel commercio internazionale).

Dovremmo esserci accorti – e non cadere più nella trappola – della irragionevolezza della dottrina del ‘’colpo di maglio’’: una chiusura estesa e prolungata per scacciare (‘’andrà tutto bene’’) il virus. Obiettivo che si riteneva raggiunto all’inizio dell’estate tanto da incoraggiare l’avvio della stagione turistica, alla quale – con un bel po’ di coda di paglia – si è attribuita la partenza della c.d. fase 2 (mentre era invece la sola e unica fase).

La prospettiva del vaccino – predisposto in tempi eccezionali – ha riaperto la convinzione di essere vicini alla meta, di restare ancora un po’ in apnea per poter ritornare in breve a galla.

Le conseguenze si sono viste nelle restrizioni adottate in dicembre in prossimità delle festività, misure che hanno inferto un altro duro colpo al turismo e ai servizi. In sostanza si è consolidata la sequenza perversa e improvvisata  fatta di aperture/chiusure/ristori/cig da Covid/ blocco dei licenziamenti e via di seguito.

Siamo arrivati al paradosso che attività economiche – messe in sicurezza durante i primi mesi del 2020 – in grado di tirare avanti in autonomia senza l’assistenza pubblica sono state chiuse o condizionate per legge e mentre si sta creando una vera e propria disoccupazione di Stato. Le misure di mitigazione del contagio sono divenute la variabile indipendente della vita quotidiana delle persone e delle comunità.

Ovviamente il diritto alla salute è il solo che la Costituzione definisce ‘’fondamentale’’, ma non può essere un diritto ‘’tiranno’’ che rifiuta di trovare un punto di equilibrio con altri diritti. Poi, in vista di nuovi indirizzi, osserviamo con freddezza la situazione.

I fatti di recente intervenuti ovvero le difficoltà nella produzione, della distribuzione e della somministrazione dei vaccini, l’emergere di varianti sempre diverse (che da sempre sono le normali evoluzioni delle infezioni virali, del tutto prevedibili) delineano una prospettiva di lungo periodo che non può essere gestita come è avvenuto nel recente passato riproponendo altri lockdown.

Nel suo discorso sulla fiducia Draghi ha toccato un punto cruciale: ‘’Alcuni pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi  sia stata simile ad una lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così’’.

Pertanto se è assolutamente prioritaria l’organizzazione – todo modo – di una vaccinazione di massa, prima o poi occorrerà individuare la vera causa della crisi economica ed occupazionale. Possiamo continuare a osservare non la luna, ma il dito che la indica.

Ma non si può sfuggire a lungo da una considerazione che fingiamo di dimenticare: non è solo l’epidemia che ha provocato ‘’ferite profonde nelle nostre comunità’’, ma anche le misure assunte, a più riprese, per mitigarne gli effetti. Misure che assomigliano sempre di più a sacrifici tribali per placare una divinità misteriosa che ha scatenato una pandemia sulla Terra.

Ecco perché, come ha affermato Draghi, non possono esistere due tempi: prima si sconfigge il virus, poi si riparte come prima, meglio di prima. Perché, ha spiegato il presidente del Consiglio, è in campo ‘’una domanda che non possiamo eludere quando aumentiamo il nostro debito pubblico senza aver speso e investito al meglio risorse che sono sempre scarse. Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti’’.

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