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Perché il Ponte è il vero muro. Non la giustizia

Come si muove e cosa dice il governo su Ponte e giustizia. Il corsivo di Battista Falconi

La nota ufficiale con cui il Governo ha comunicato il vertice di ieri è stata definita “disgelo”, ma è quasi una smentita dei toni irosi usati il giorno precedente contro la Corte dei conti che non ha ammesso al visto e alla registrazione la Delibera CIPESS n. 41/2025 del 6 agosto 2025 sul “Collegamento Stabile tra la Sicilia e la Calabria”. Senza esprimere alcuna “valutazione sull’opportunità e sul merito dell’opera” ma eccependo che “la legittimità è presupposto imprescindibile per la regolarità della spesa pubblica” che la Corte tutela ai sensi della Costituzione, artt. 100 e 103.

Il presidente Meloni aveva definito invece quello della Corte “l’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento”, evidenziando che “per avere un’idea della capziosità, una delle censure ha riguardato l’avvenuta trasmissione di atti voluminosi con link, come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer” e obiettando che “sul piano tecnico, i ministeri interessati e la Presidenza del Consiglio hanno fornito puntuale risposta a tutti i rilievi formulati”. La Corte dei conti ha replicato che le sue sentenze e deliberazioni “non sono certamente sottratte alla critica che, tuttavia, deve svolgersi in un contesto di rispetto per l’operato dei magistrati”.

Ora invece il vertice dell’esecutivo usa toni concilianti, prudenza, abbassa i toni e regola il mirino. Esprime “disaccordo” con l’Associazione Nazionale Magistrati, il sindacato delle toghe che non è “mai stato favorevole a qualsiasi riforma. L’idea dell’Anm è che tutto va benissimo. Non è l’idea che ne abbiamo noi della giustizia e probabilmente neanche quella che ne hanno i cittadini”. E qui si arriva a riforma e referendum, il gran finale della contrapposizione tra poteri dello Stato. La riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere in magistratura della giustizia ha avuto il via libera definitivo dal Senato, 112 voti a favore, 59 contrari e 9 astenuti. I capigruppo di maggioranza a Palazzo Madama hanno avviato la raccolta firme per il referendum confermativo che potrebbe tenersi tra marzo e aprile. A premere sull’acceleratore è soprattutto Forza Italia, fa festa per la “giornata storica” e mostra le foto di Enzo Tortora e Beniamino Zuncheddu. 

La campagna elettorale è in corso da tempo, gli opinionisti in servizio permanente effettivo si fregano le mani, Nordio e il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Parodi sono già invitati a un bel duello in diretta tv cui il ministro si dichiara pronto, dice che la riforma è “è una vittoria dedicata alla democrazia, a un’idea liberale della giustizia”. 

In pochi tengono la barra al centro come Sabino Cassese, che definisce la riforma “l’ultimo atto del modello voluto da Vassalli” e un errore la sua politicizzazione. Il riferimento è al partigiano medagliato che da predecessore di Nordio varò il nuovo Codice di procedura penale con Giuliano Pisapia di Democrazia Proletaria, nella convinzione che la giustizia debba separare il PM che indaga e il giudice terzo che valuta. Un’innovazione non proprio fascio-reazionaria, anzi a difesa dei poveracci che finiscono nel tritatutto giudiziario, non di Berlusconi. “Ora la parola passerà ai cittadini”, spiega la presidente del Consiglio, “credo che debba essere una consultazione sulla giustizia. Non ci saranno in ogni caso conseguenze per il governo, arriveremo alla fine della legislatura. Chi pensa che nella giustizia va tutto bene voterà contro, chi pensa che possa migliorare voterà sì, un passo verso un sistema più efficiente e vicino ai cittadini”.

Serve un referendum. Per vivacizzare il clima moscio sul quale il Governo galleggia. L’Istat segnala crescita zero nel terzo trimestre, stagnazione economica, PIL italiano invariato, Italia ferma come la Germania e peggio di Francia, Spagna e Portogallo, consumi deboli, risparmio intaccato, produzione industriale in calo. Occupazione in crescita ai massimi storici, ma la disoccupazione giovanile sale. Le retribuzioni crescono restano inferiori al 2021.

Serve un referendum per scrollare dal Governo l’immagine di mediocrità che gli appiccicano addosso in tanti. Come nell’ultima puntata di Report dove, in mezzo a imprecisioni e qualche infamia, emergeva il concessionario d’auto ciociaro posto alla guida della società in house del MIC. Come ha commentato Giordano Bruno Guerri, l’amichettismo è di tutta la politica ma la sinistra ha più amici (intellettuali, magistrati, manager) e può scegliere meglio. La mediocrità è quella dei centri per immigrati in Albania dove – fonti malevole, prendiamo cifre e valutazioni con le molle! – a fronte di 600 milioni di euro di spesa, sono ospitate poche persone, con costi esagerati, pochissimi migranti transitati (il governo aveva stimato fino a 35.000 l’anno) e rimpatriati. Un progetto innovativo e strategico ma realizzato in modo inefficace e oneroso. 

Valutazioni analoghe potrebbero forse inficiare il Piano Mattei o quello per l’edilizia carceraria. Il Ponte, come ha detto la premier con overdose enfatica, ci deve riportare ai fasti degli antichi Romani. Punta sul ponte, scusate il gioco di parole, contro tutte le contestazioni per i costi, il traffico e il vantaggio insufficenti, l’impatto ambientale, i problemi di mantenimento. Il ponte sarà il vero muro, scusate di nuovo il gioco di parole. Molto più della giustizia che si promette di trasformare all’insegna dell’efficienza.

 

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