Come non sono stati risparmiati ieri i Santi, così non lo sono stati oggi i Defunti nel giorno della loro ricorrenza, guadagnandosi sulla prima pagina del Corriere della Sera una vignetta, una volta tanto poco felice di Emilio Giannelli, attualizzata ai problemi della pandemia, fra morti veri e propri e attività trincate dalle misure di restrizione prese, e ancora in arrivo, per cercare di contenere i contagi. E combattere il Covid 19 tra accerchiamenti e attacchi frontali, secondo un linguaggio di guerra evocato su Repubblica dall’ex direttore Ezio Mauro.
Più sobrio e costruttivo è stato il riferimento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ai cimiteri andandone a visitare uno nel Bresciano, dove era stata rubata una croce dalla tomba di uno dei caduti in questa maledetta guerra del Covid, chiamiamola così. Il ruolo di supplenza del capo dello Stato si fa sempre più evidente in questo passaggio della politica contrassegnato dalla oggettiva debolezza del governo, dalla confusione di ruoli fra Stato e Regioni e dalla inadeguatezza anche dell’opposizione del centroodestra. Dal cui fronte è arrivata la figuraccia peggiore delle ultime 24 ore con la sortita del governatore ligure Giovanni Toti per il confinamento degli anziani, Che sarebbero da chiudere negli armadi, a casa, come ha titolato beffardamente un giornale di quella stessa parte politica, Libero, non si sia se per allontanarli o avvicinarli alla destinazione finale di una bara.
Toti ha cercato di scusarsi come peggio francamente non poteva, prima scaricando su un collaboratore la responsabilità delle parole attribuitegli e poi confermandone il senso. Una volta tanto non ha forse sbagliato Il Fatto Quotidiano ad usare l’infortunio di Toti, pur candidatosi in qualche modo ad essere l’uomo nuovo, o uno dei più nuovi, dello schieramento fondato a suo tempo da Silvio Berlusconi, per rimettere in discussione e possibilmente abolire le Regioni, una volta usciti dalla guerra del Covid, augurabilmente vincenti.
Sulla debolezza del governo un’ammissione è arrivata su Repubblica dall’immancabile Goffredo Bettini, una specie ormai di Sibilla del Pd. Cui manca solo l’esperienza del virologo per completare il giro delle sue competenze. “Errori sì, ma Conte si è battuto, adesso dia il senso di una guida unita”, è il titolo dell’intervista che riassume il pensiero di Bettini, alla fine quindi convinto pure lui che una “guida unita” manchi al governo e alla maggioranza. Il che non mi pare francamente poco. Né mi sembra bastare, per rimediarvi, l’invito alla solita riunione attorno a “un tavolo politico”, peraltro già chiesto inutilmente da Matteo Renzi, per decidere addirittura “un cronoprogramma” da realizzare da soli, par di capire.
Il “cronoprogramma” è quello chiesto in vista di una verifica anche da Luigi Di Maio per i grillini, dove si deve registrare una dichiarazione della sindaca di Roma Virginia Raggi polemica con lo stesso Di Maio per il futuro del Campidoglio da scrivere con Zingaretti. “Noi pensiamo al virus”, ha reagito parlando al plurale la sindaca uscente della Capitale. Ci mancherebbe solo questo: che le sorti della guerra virale siano affidate a lei, come quelle delle immondizie romane.