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Difesa

Perché gli italiani sono i più scettici (o contrari) sull’aiuto in armi all’Ucraina?

Dal sondaggio di Eurobarometer emerge un 10% circa di italiani contro gli aiuti militari all’Ucraina. Che analisi fare di questi dati? L’intervento di Emilio Lonardo

 

Una fonte affidabile per sentire il polso dei cittadini degli Stati dell’Unione europea sui fattori principali di discussione e di orientamento è il canale di sondaggi di “Eurobarometer”. Tale fonte è credibile, dal punto di vista sondaggistico, soprattutto perché – a differenza di società di sondaggi nazionali – è pubblica, di proprietà dell’Unione europea e analizza con la stessa metodologia il parere dell’opinione pubblica di 22 Paesi aderenti all’Ue. La conseguenza è che il campione di cittadini coinvolti nei singoli Paesi risponde esattamente agli stessi quesiti ed è, quindi, possibile mettere a confronto i dati relativi all’orientamento dell’opinione pubblica dei singoli Stati con maggiore affidabilità rispetto a sondaggi diversi propinati Stato per Stato con differenti metodologie e simili – ma pur sempre differenti – domande.

Tra il 13 e il 24 aprile scorso, Eurobarometer ha sondato un campione di 26.066 cittadini dell’Unione, dei quali 1.010 italiani, sulle opinioni riguardo alla guerra in Ucraina. Proviamo a confrontare alcuni dati riferiti al campione di cittadini italiani rispetto al campione complessivo di cittadini dell’Unione Europea.

Chi risponde affermativamente alla domanda se l’Ue ha risposto alla guerra in modo unito, vede un 62% di cittadini europei rispondere affermativamente a fronte del 63% dei cittadini italiani: totale omogeneità. In disaccordo circa il 30% per entrambi i campioni. Risultato simile – e, quindi, omogeneo – dei cittadini italiani e di quelli europei alla domanda se l’UE ha risposto con sufficiente velocità alla vicenda della guerra. Ugualmente c’è omogeneità nel giudicare positivamente l’Unione Europea nelle azioni di supporto e di accoglienza dei profughi ucraini. Gli italiani risultano, invece, decisamente più soddisfatti dei cittadini europei rispetto alla solidarietà mostrata dall’Ue nei confronti dell’Ucraina: 86% contro 78%.

Il 77% degli italiani, a fronte dell’80% degli europei approva completamente o sostanzialmente le sanzioni europee contro la Russia e il 78% di italiani (contro l’80% di europei UE) il supporto finanziario europeo all’Ucraina. Invece, l’esclusione dei media russi dalle TV europee è condiviso dal 64% degli italiani a fronte di una condivisione totale o parziale da parte del 66% degli europei, che però staccano di 7 punti gli italiani nella condivisione completa (e non parziale) di questa scelta. Infine, il 59% degli intervistati italiani approva totalmente o parzialmente l’invio di armi europeo all’Ucraina a fronte di una approvazione del 67% da parte dei cittadini europei. In particolare, l’adesione completa alla scelta europea vede i cittadini europei intervistati battere del 10% i cittadini italiani intervistati.

Che analisi fare di questi dati? Innanzitutto, bisogna aver presente che il campione di intervistati è individuato e contattato via web. Si può presumere che, quindi, non rispecchi in modo del tutto puntuale quegli strati di popolazione meno inclini all’uso degli strumenti di comunicazione informatica e che, forse, sono più presenti nelle persone che hanno studiato di meno, che hanno redditi più bassi o che si collocano in fasce di età più elevate. Per quanto riguarda le risposte, sicuramente emerge una maggiore diffidenza degli italiani sull’appoggio militare indiretto all’Ucraina, anche se con percentuali molto inferiori a quelle che spesso vengono presentate da istituti di sondaggio italiani. Qui, bisognerebbe chiedersi chi e perché arriva a dati così diversi da quelli dell’intervista Eurobarometer e, soprattutto, quali organi di informazione presentano questi dati così diversi che evidenziano una forte critica degli italiani alle politiche di sostegno in armi all’Ucraina, all’azione della Nato ed al ruolo degli Usa.

Soprattutto, però, ci può aiutare nell’analisi di queste differenze la domanda introduttiva del questionario di Eurobarometer, tenuta da chi scrive – come in un buon giallo – quale elemento conclusivo e forse dirimente della differenza di reazioni dell’opinione pubblica italiana e di quella europea sul tema delle armi all’Ucraina. Gli italiani, con il 58% contro il 41% degli europei, affermano di seguire le notizie sulla guerra in Ucraina parecchie volte al giorno! Perché questa rilevante differenza? “Mio caro Watson: gli italiani sono i più informati su questa guerra!” E Watson risponderebbe, stavolta, a Holmes: “Non concordo: forse gli italiani sono informati soprattutto da alcuni media piuttosto che da altri!”. Nessuno potrà dire se ha ragione Holmes o Watson. Però, Watson fa qualche ipotesi deduttiva non peregrina. Quali sono, oggi, i principali media di notizie quotidiane? Quotidiani cartacei, quotidiani on-line, notizie brevi di portali on-line, programmi TV di informazione, notizie sui social. I giornali cartacei ed anche, in parte, on line, si leggono solitamente (per chi li legge) una sola volta al giorno, non “parecchie volte al giorno”, come affermano molti italiani intervistati. Ci si documenta “parecchie volte al giorno”, invece, su TV e “social”. Può darsi che sia la qualità delle informazioni che cambia, per produrre, in alcune risposte al sondaggio Eurobarometer (quelle sull’aiuto militare all’Ucraina), una differenza pur consistente — anche se non enorme, come si enfatizza su alcune nostre TV — tra l’orientamento degli italiani e quello degli altri europei.

Quindi, lasciati Holmes e Watson alle loro chiacchiere, cerchiamo di ipotizzare cosa può avere realmente inciso sulla particolarità della opinione di un 10% circa di italiani contro gli aiuti militari all’Ucraina. Parecchie volte al giorno si guardano le TV, strapiene di informazioni e di litigi in diretta sulla guerra, e i social, strapieni di fake e di litigi tra vecchi amici che, evidentemente, non hanno molto da fare. Perché i giornali, cartacei o on-line, fissando nero su bianco opinioni e prese di posizione, senza il litigio in diretta, mantengono “agli atti” quello che uno afferma e sono facilmente smentibili quando incappano in falsità.

Alcuni programmi di canali televisivi italiani — sia privati che pubblici — aiutano alla disinformazione, per fare audience a favore dei loro conduttori o per orientamento ideologico degli stessi. Chiamare, infatti, a discutere di strategie e di etica attorucoli di serie B, vignettisti oramai dimenticati o il promotore del più inutile referendum della storia umana, quello sull’acqua pubblica (che, infatti, pur vincendo, non ha prodotto alcun cambiamento, salvo per chi si è messo in mostra con quello strambo quesito referendario), mettendoli a confronto con veri esperti o pensatori accreditati, non può che creare confusione e indurre molti spettatori a considerare sullo stesso piano opinioni motivate di persone colte e pure affermazioni senza basi né informative, né logiche. Ci sono poi, trasmissioni i cui conduttori operano scientemente una strategia di parte anti-occidentale. E l’Italia, su questo terreno, ha fragilità che altri Paesi, in cui lo scontro politico nei decenni è stato meno radicalizzato tra filo-americani e filo-sovietici, non hanno.

Per i social, invece, il discorso è più semplice e più complesso al tempo stesso. Ma, anche questo canale comunicativo, molto usato in modo poco accorto da una parte di italiani, nasconde, a volte, insidie con le quali la disinformazione pastura le sue potenziali vittime.

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