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Fayez Serraj Libia

Perché è prioritaria per l’Italia la stabilizzazione della Libia

L’intervento di Giuseppe Spadafora (vicepresidente di Unimpresa) sulla necessità di una stabilizzazione della Libia anche e innanzitutto per l’Italia La cartina di tornasole del tentativo di cambiamento in atto in Italia trova riscontro nell’analisi politica dei tragici eventi che hanno caratterizzato il mese di agosto, ponte Morandi a Genova e caso migranti a Catania. Ma partiamo…

La cartina di tornasole del tentativo di cambiamento in atto in Italia trova riscontro nell’analisi politica dei tragici eventi che hanno caratterizzato il mese di agosto, ponte Morandi a Genova e caso migranti a Catania. Ma partiamo dalle origini; a marzo le elezioni politiche hanno restituito un Governo Lega 5S che del cambiamento hanno fatto la loro bandiera per tutta la campagna elettorale. Se la Lega ha puntato molto sulla sicurezza, il M5S ha preso di mira povertà e redistribuzione del reddito. Di fatto, nessuno aveva previsto una alleanza del genere e nella migliore o peggiore (dipende dai punti di vista) delle ipotesi, gli analisti di tutto il pianeta ipotizzavano, qualora cdx o csx non avessero avuto i numeri per governare, una alleanza tecnica tra i due.

Poi però è accaduto che Salvini si è smarcato dal centeodestra e Di Maio ha accettato il matrimonio. E qui le cose si sono complicate. Se fino a ieri e dopo le dimissioni di Berlusconi nel 2011, i Governi da Monti a Renzi sono stati sostanzialmente allineati alle politiche di Bruxelles, inclusa l’interferenza militare della Francia in Libia, oggi, il Governo giallo-verde ha altre idee e questo ha creato le prime frizioni sia con Bruxelles sia con gli investitori e tanto per darci la sveglia, negli ultimi due mesi sono stati messi all’incasso settanta miliardi di titoli di stato.

Questo ci deve preoccupare? Sì e no, dipende da cosa farà il Governo e da come lo farà. Al netto delle intenzioni elettorali dei due partiti di Governo, il problema vero è che nessuno conosce i loro progetti a medio termine. Sembra quasi che vadano a braccio in base a quello che succede il mattino, ovvero, le intenzioni sono ammirevoli ma a queste dovrebbero corrispondere dei progetti di concreta fattibilità che a i più al momento sono sconosciuti. Se dietro le dichiarazioni di Di Maio e Salvini esista un piano economico e di sicurezza ben architettato, Bruxelles avrà torto e noi ragione, ma se così non dovesse essere allora saranno problemi e questi si rifletteranno immediatamente sul tessuto imprenditoriale e sociale.

Tuttavia, i prodromi fanno ben sperare. Il premier Conte va in Cina per verificare la fattibilità di ricollocazione del debito pubblico e per chiudere accordi commerciali e se dovesse andare a buon fine sarà un buon punto di partenza per evitare una escalation finanziaria da ottobre in poi. Ricordo che le politiche monetarie di espansione adottate con il quantitative easing stanno per terminare e anche in questo caso l’Italia non ne ha saputo approfittare, ovvero i beneficiari sono state le banche italiane le quali in buona parte non hanno re-distribuito il denaro ma lo hanno utilizzato per riconvertire i prodotti finanziari che avevano in pancia. Il problema fondamentale è che il rigore finanziario imposto dall’Ue poggia su concetti di gestione della finanza pubblica obsoleti e vetusti e le lezioni degli anni passati, in Asia ma anche in Grecia, non sono servite a nulla.

L’attuale sistema di re-finanziamento degli Stati poggia su regole internazionali poste dal Fondo monetario internazionale che adotta un modello economico austero. In pratica, seguendo le linee del FMI le aziende chiudono ed aumenta la povertà. Basterebbe guardare alla Grecia per comprendere il disastro umano creato dalle politiche di austerità imposte da Bruxelles in questi anni. Il premio nobel per l’economia Joseph Stiglitz, accusa da anni le politiche dell’Ue e del FMI ed ha dimostrato carte alla mano come i modelli adottati siano deleteri per l’economia degli Stati in difficoltà.

L’Italia, fortunatamente rappresenta un caso a parte tanto che dopo il 2008 siamo rimasti una delle maggiori economie al mondo anche se perdendo diverse posizioni, ma questo dovuto ad un solo fattore, siamo il Paese con il più alto tasso di risparmio al mondo. In questo contesto, saranno determinanti per l’Italia le politiche di sicurezza nazionali e quelle economiche. L’Unione Europa, così com’è ha dimostrato le proprie fragilità, quindi o si riforma oppure bisogna pensare a se stessi e questo è il principiò che sta dichiaratamente ispirando Lega e M5S. Per quanto riguarda l’Italia, siamo una portaerei sul mediterraneo e la stabilizzazione della Libia deve essere affar nostro. Prima della caduta di Ben Alì in Tunisia e l’uccisione di Gheddafi, eravamo la prima potenza economica in Tunisia e Libia, la seconda in Algeria e Marocco, ed Egitto. Queste posizioni venivano garantite da un buon apparato diplomatico, da adeguati servizi di intelligence e da un tessuto imprenditoriale consolidato ed attento alle politiche locali.

Oggi come ieri, l’espansione economica dell’Italia non potrà fare a meno di guardare al nord Africa e di conseguenza alla stabilizzazione di questa area del mondo. Salvini ha ben chiaro questo assunto ma non è altrettanto chiaro come voglia districarsi in questo bailamme diplomatico in cui stati dell’Unione agiscono per proprio conto senza consultare nessuno. Le azioni poste in essere in questi giorni dal Governo fanno ben sperare, e qualora si dovesse passare da periodi ipotetici a certezze dove sia chiaro come convertire il debito pubblico ed appianarlo, come abbassare la pressione fiscale, come incentivare le assunzioni, come difendere i nostri interessi all’estero, come aumentare la produzioni di beni e servizi ma non al maggior ribasso dei costi e come rivedere le infrastrutture primarie necessarie per la circolazione di beni e persone, allora prevedo un radiosi futuro per l’Italia.

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