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Perché è importante il patto Nato-Giappone

Al vertice di Vilnius la Nato ha siglato un accordo di partnership con il Giappone, il paese dell'Indo-Pacifico più allineato all'Alleanza Atlantica. Ecco dettagli e pareri degli analisti.

Il summit della Nato a Vilnius ha segnato un significativo passo in avanti verso la costituzione di un’alleanza che preservi congiuntamente la sicurezza nell’Atlantico e nel Pacifico. Nella capitale lituana erano presenti infatti i leader di Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, i cosiddetti Indo-Pacific Four (IP4), che hanno stretto altrettanti accordi di partnership che aprono la porta a una nuova era di cooperazione a cavallo dei continenti e degli oceani. Vediamo quali sono i dettagli di questi accordi soffermandoci su quello più importante, quello siglato tra Nato e Giappone.

Gli accordi con gli Indo-Pacific Four

Oltre alle storiche decisioni prese dalla Nato al summit di Vilnius relativamente alla sicurezza dell’Europa, il vertice dell’11-12 luglio ha segnato un’importante tappa nella cooperazione tra l’Alleanza Atlantica e i suoi partner dell’Indo-Pacifico.

A Vilnius erano stati invitati infatti i leader dei cosiddetti Indo-Pacific Four (IP4), ossia il Primo ministro giapponese Fumio Kishida, quello australiano Anthony Albanese, il suo collega neozelandese Chris Hipkins e il Presidente della Corea del Sud Yoon Suk-yeol.

Già inclusi sin dagli anni Dieci nei meccanismi di cooperazione della Nato in qualità di suoi “global partner”, questi Paesi saranno adesso coinvolti nelle attività dell’Alleanza Atlantica attraverso il dispositivo chiamato “Individually Tailored Partnership Program” (ITPP). Uno schema, questo, in base al quale, come evidenzia il Japan Times, gli IP4 coopereranno a livello individuale con i vari membri Nato.

Giappone perno delle nuove partnership Nato

Dei quattro partner Nato dell’Indo-Pacifico, il più importante per stazza economica, capacità militari e soprattutto posizione strategica è senza dubbio il Giappone, che lo stesso Japan Times definisce “il più pro-Nato degli IP4”.

L’ ITPP tra Nato e Giappone individua tre obiettivi strategici per il periodo 2023-2026 che includono il rafforzamento del dialogo e delle consultazioni, la promozione della resilienza e il miglioramento dell’interoperabilità.

Come evidenzia il Japan Times, sono sedici le aree entro cui si svilupperà il nuovo programma di cooperazione, che comprendono la sicurezza dello spazio e del dominio cyber, le comunicazioni strategiche, le nuove tecnologie, il cambiamento climatico e il contrasto alla disinformazione.

Le dichiarazioni di Kishida e Stoltenberg

Al summit di Vilnius è stato tutto un fioccare di dichiarazioni che incorniciavano il nuovo livello di cooperazione deciso da Nato e Giappone.

“Nessun altro partner è vicino alla Nato più del Giappone” ha affermato, come riporta Reuters, il Segretario generale Nato Jens Stoltenberg, aggiungendo che l’Asia conta per l’Europa proprio quanto l’Europa è importante per l’Asia.

Stoltenberg ha ringraziato Tokyo per il suo sostegno all’Ucraina e per essere tra le più attive capitali nel far rispettare le sanzioni occidentali contro la Russia. Ha inoltre espresso preoccupazione per il massiccio programma di armamenti della Cina e per l’espansione delle sue forze nucleari.

Dal canto suo Kishida ha sottolineato come i nuovi accordi siano la necessaria conseguenza del cambiamento del panorama della sicurezza nell’Indo-Pacifico, una regione che, da questo punto di vista, è “inseparabile dall’Europa”.

Kishida ha quindi ricordato qual è la ragion d’essere della partnership, rimarcando come, con parole riportate ancora dal Japan Times, “Giappone e Nato condividono la convinzione che ogni tentativo unilaterale di cambiare lo status quo attraverso la forza o la coercizione non sarà tollerato, indipendentemente dalla zona del pianeta in cui ciò si verifichi”.

Il parere degli esperti

Nel suo ampio resoconto sulle conclusioni del vertice di Vilnius, il Japan Times dà la parola ad alcuni esperti per valutare la portata della nuova partnership Nato- Giappone.

Per Alessio Patalano, docente al Department of War Studies del King’s College di Londra, siamo di fronte a uno “sviluppo cruciale in quanto, per la prima volta, c’è un sentiero pratico e profondo in cui si incrociano la sicurezza della regione euro-atlantica e quella dell’Indo-Pacifico”.

“Questo nuovo focus – aggiunge Patalano – segnala non solo l’esistenza di una relazione più stretta ma anche che l’era del regionalismo e della globalizzazione sta cedendo il passo a quella della partnership Atlantico-Pacifica”.

Secondo Jamie Shea, già viceassistente segretario generale Nato per le sfide della sicurezza nell’emergenza, le nuove partnership battezzate a Vilnius sono importanti non solo perché allargano il perimetro delle consultazioni tra alleati ma anche perché schiudono la porta a una nuova fase di collaborazione pratica nei campi definiti dalle ITPP, facendo ottenere ai contraenti notevoli vantaggi in termini di scambio di know-how tecnologico e di expertise.

A tal proposito il ricercatore del Norwegian Institute for Defense Studies Paal Sigurd Hilde, sottolinea come il valore aggiunto della partnership sarà costituito dal miglioramento dell’interoperabilità dei sistemi d’arma della Nato e del Giappone e dunque dalla fondamentale condivisione degli standard. L’industria degli armamenti del Giappone in questo senso ne beneficerà in termini di opportunità per la vendita di sistemi appetibili anche per gli altri partner Nato.

La rabbia di Pechino

Chi non è contenta degli ultimi sviluppi è ovviamente la Cina, che ha fatto conoscere il suo pensiero attraverso un comunicato emanato dall’agenzia di stampa ufficiale Xinhua.

Come fa spesso, l’agenzia non riferisce direttamente le idee dei dirigenti del Pcc, ma le fa esprimere attraverso la voce di un sedicente esperto, che in quest’occasione, guarda caso, è di nazionalità giapponese.

Per Kazuteru Saionji, che è visiting professor presso l’Higashi Nippon International University, è semplicemente “sciocca” la brama del Giappone “di unirsi agli Stati Uniti per contenere la Cina”.

Affondando il colpo lo studioso ammonisce il Giappone a “riflettere sulla sua storia di militarismo e aggressione” rinunciando a cooperare strettamente con un organismo come la Nato che “è un prodotto della particolare geopolitica dell’Europa durante la guerra fredda” e, soprattutto, è uno “strumento di guerra” per giunta “obsoleto”.

Agli occhi del professore, la mossa del Giappone non è altro che un tentativo di ingerirsi e procurare indebite ingerenze nella regione dell’Indo-Pacifico, nonché un modo per arrestare l’incontenibile ascesa della Cina.

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