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Perché da prof. critico la prof. Dell’Aria

Un insegnante deve sì lasciare esprimere i propri studenti, ma non deve limitarsi, come ha fatto la professoressa, a correggere solo gli errori di grammatica. Certi accostamenti banali sono leciti al bar dello sport ma non nei luoghi deputati alla trasmissione del sapere. “Ocone’s corner”, la rubrica settimanale di Corrado Ocone, filosofo e saggista.

 

La professoressa Rosa Maria Dell’Aria, sospesa dall’insegnamento dal provveditore per gli studi di Palermo per quindici giorni, sembra una persona mite e tranquilla. Sono anche sicuro che la più parte dei suoi colleghi avrebbe agito come lei: avrebbe cioè lasciato libera espressione senza intervenire agli studenti che hanno messo su un video in cui istituivano un demenziale accostamento fra i provvedimenti razziali del fascismo del 1938 e il recente “decreto sicurezza” promulgato dal governo (con tanto di foto di richiamo a Matteo Salvini).

Il problema, però, sta proprio qui: nell’idea che abbiamo fatto passare nel dopoguerra, e poi soprattutto dopo il Sessantotto, nel mondo della formazione e in quello intellettuale, che chiunque abbia una visione dei problemi diversa da quella della sinistra è per ciò stesso un “fascista” e che perciò, fosse pure il ministro dell’Interno di uno stato democratico, possa venire tranquillamente come tale apostrofato e combattuto.

L’insieme delle idee di sinistra costituirebbero per ciò stesso l’ambito della “verità” storica, sarebbero opinioni che non sono uguali alle altre ma per principio più “vere” delle altre. Provate a immaginare cosa sarebbe successo se gli studenti avessero preparato un video di diversa ispirazione. Avrebbe detto la professoressa ugualmente che “ciascuno ha il diritto di esprimere le proprie opinioni” e se ne sarebbe stata ferma ad osservare? Avrebbe lo stesso ritenuto opportuno esimersi da ogni controllo e intervento, in nome della libera creatività degli studenti?

Perché il problema sta proprio qui: un insegnante deve sì lasciare esprimere i propri studenti, ma non deve limitarsi, come ha fatto la professoressa, a correggere solo gli errori di grammatica. Certi accostamenti banali sono leciti al bar dello sport ma non nei luoghi deputati alla trasmissione del sapere, dove si devono mettere si in gioco le diverse interpretazioni ma a partire da un livello minimo di serietà scientifica.

Ma, ripeto, la professoressa non si sarà nemmeno accorta di star contravvenendo al suo dovere professionale e che tutto stava facendo fuorché mettere in moto quello “spirito critico” dei suoi allievi a cui si è richiamata in una intervista come suo unico faro. Tanto forte è il senso comune che si è sedimentato negli anni nel mondo intellettuale medio da far apparire “vero” e non fazioso ciò che è in verità il contrario. Il ceto intellettuale medio, il mainstream, finisce così per ignorare del tutto, ad esempio, ciò che la storiografia ha portato alla luce sul fascismo.

Il compito di un insegnante o di un qualsiasi operatore della cultura sarebbe invece proprio quello di trasmettere o divulgare, nei modi dovuti e adatti ai casi specifici, le più autorevoli acquisizioni scientifiche.

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