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Tunisia

Perché critico le tesi del professore Orsini su Putin

Come e dove sbaglia il sociologo della Luiss, Orsini, secondo l’editorialista Gianfranco Polillo

 

Il nostro è un pregiudizio palese, che confessiamo senza alcun senso di colpa. Pensiamo e ci comportiamo in maniera opposta alle prediche di Marco Travaglio, dalle colonne del Fatto quotidiano. Convinti come siamo che da quelle idee, si possa cavare ben poco. Sarà indubbiamente un nostro limite, ma fin quando i fatti – ed in passato sono stati tanti – ci danno ragione, non abbiamo motivo per cambiare atteggiamento.

L’ultima trovata del nostro eroe è la difesa “senza se e senza ma” del nuovo martire. Al secolo Alessandro Orsini, discriminato, ma soprattutto penalizzato dalla TV di Stato, per le sue posizioni filo putiane. Il contratto che aveva con Bianca Berlinguer, per Carta Bianca, è stato annullato. Risparmio: 2 mila euro, pari come ci informa Travaglio ad “una fettina di culo dell’ultima soubrette”. Atto spregevole, quindi, da inserire nel lungo elenco degli antichi editti contro coloro che, in passato, aveva osato andare controcorrente ed offendere il comune senso del pudore politico. Il tutto servito con dovizia di particolari e citazioni.

Più tartufesco l’intervento, in pagina, dello stesso Orsini: “La libertà è da difendere (la sua ovviamente non quella dell’Ucraina) da Berlinguer vado gratis”. Questo il titolo del suo pezzo. Il professore della Luiss, lo confessiamo, ci è meno simpatico dello stesso Travaglio. Quel suo finto tono accademico risulta stucchevole. Del resto lui non discute, pontifica. E di conseguenza boccia, come in un’aula scolastica, chi osa dissentire. Lei non ha studiato, torni a settembre. Il suo titolo di ricercatore – accusa rivolta contro Nathalie Tocci – è del tutto ingiustificato. Quindi studi, prima di osare contraddirmi.

Nel contesto dell’articolo, sono molte le cose confuse che non hanno né testa né coda. Il succo dell’intero ragionamento è: “io sono io e voi non siete un cazzo”. Io ho le chiavi intellettuali per comprendere e spiegare. Chi mi contraddice è invece solo costretto a dire “che Putin è cattivo e Biden è buono”. È, in altre parole, talmente condizionato dal “Potere” da risultarne soggiogato. “I finanziamenti del governo alla ricerca vanno benissimo. Nessuno dovrebbe mai vergognarsi di riceverli. Il problema si pone se quei finanziamenti creano schiere di analisti senza libertà costretti a temere per il posto di lavoro davanti alla più piccola critica verso le decisioni del governo”. Insomma Mario Draghi e non Vladimir Putin nelle vesti del tiranno.

Se dal metodo si passa al merito, gli effetti sono ancora più sconcertanti. “Se Putin cadrà in una condizione disperata – ci dice il nostro scienziato – in Ucraina, userà la bomba atomica contro quel Paese martoriato. Il che crea un paradosso: per ogni battaglia persa da Putin, siamo obbligati a preoccuparci di più e non di meno giacché le sconfitte russe ci avvicinano all’arma nucleare”. Pericolo ovviamente reale. Al punto da giustificare ampiamente la prudenza della Nato. Ma da qui a teorizzare un inevitabile determinismo ce ne corre. Per cui, volenti o nolenti, queste tesi non fanno altro che portare acqua al mulino degli aggressori.

Da fine analista delle situazioni internazionali, Orsini dovrebbe meditare sul termine “equilibrio del terrore”. Lo spettro di una guerra nucleare non è asimmetrico. In passato, erano i dirigenti sovietici a rimproverare i seguaci di Mao Tse Tung che invitavano a sfidare la “tigre di carta”. Allora la risposta era tranchant: gli Usa saranno pure una “tigre di carta”, ma con denti nucleari. E da allora l’equilibrio di potenza non si è certo spostato a favore di Mosca. Putin può naturalmente minacciare. Ma non è consentito neppure a lui andare oltre. E non solo per il timore di una rappresaglia devastante. Ma per gli equilibri interni al potere della nomenclatura, non in grado di supportare un’avventurismo senza ritorno.

Quindi fermare Putin si può. Nessuno è in grado di dire come o quando. Ma attribuirgli l’invincibilità della follia è negare la logica stessa della storia. Nessun satrapo, dai tempi di Ciro il grande, è riuscito a tanto. Non ci riuscirà certo un autocrate del Terzo millennio. Naturalmente, tutto questo non è certo. Ma qual è l’alternativa? Dargli l’Ucraina, dopo avergli dato, negli anni passati, la Crimea? Cedere allora è forse servito? La verità è che Putin è come il lupo della favola di Esopo che accusava l’angelo di sporcargli l’acqua, mentre beveva. Di fronte alle ragioni incontrovertibili di quest’ultimo, non fece altro che ricorrere ad una nuova accusa. Ed all’ennesima risposta contestatrice, tagliò corto. “Sei bravo a inventare delle scuse per tutto” gli disse il lupo, poi saltò addosso al povero agnellino e lo mangiò.

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