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Perché Conte non gioisce per il Porta a Porta fra Salvini e Renzi. I Graffi di Damato

Che cosa (non) è successo nel duello televisivo a Porta a Porta fra Matteo Salvini e Matteo Renzi. I Graffi di Damato

Stentavo a credere a miei occhi e alle mie orecchie quando ho sentito Marco Travaglio, più agitato e manettaro del solito, in collegamento dal suo Fatto Quotidiano col salotto televisivo di Lilli Gruber, invocare il documento di bilancio, manovra finanziaria e com’altro si voglia chiamare, in gestazione in quel momento a Palazzo Chigi, come la prova deliberatamente voluta da Giuseppe Conte, con tanto di orari coincidenti, per dimostrare la irrilevanza dei “due bulli” che avevano appena registrato il loro duello televisivo a Porta a Porta.

Mi riferisco naturalmente ai due Mattei, Renzi e Salvini, in ordine rigorosamente alfabetico: l’uno socio della maggioranza giallorossa, provvisto di un numero di senatori sufficienti, all’occorrenza, per far cadere il governo, e l’altro per niente rassegnato a restare a lungo all’opposizione. Dove è da poco finito per una crisi da lui stesso voluta per provocare le elezioni anticipate e conclusasi invece con una “machiavellica operazione di Palazzo”: così l’ha definita lo stesso Renzi, che l’ha azionata aprendo per primo, e all’improvviso, dall’interno del Pd, dove in quel momento risiedeva ancora, all’accordo con i grillini. E’ stata notoriamente questa apertura a liberare il segretario piddino Nicola Zingaretti dall’impegno, preso sul serio dall’improvvido Salvini, a non fare intese con i pentastellati senza un preventivo passaggio elettorale.

Ci voleva la falsa furbizia, o ingenuità, pure lui, del direttore del Fatto Quotidiano per prendere sul serio – e buttarle in faccia agli “irrilevanti” Mattei – le manette facili sventolate da Conte contro l’evasione fiscale e le deduzioni ai contribuenti che riusciranno a strappare agli idraulici una fattura pagandola con una carta di credito. Conte e i suoi ministri, a cominciare da quello dell’Economia, cui il professore ha pure scritto una lettera di mobilitazione, non bastando le parole che per dovere d’ufficio si scambiano così frequentemente, non hanno mai visto un idraulico in casa per immaginarli provvisti di un Pos e, soprattutto, disposti a non lavorare in nero. Avrebbero, sennò, i servizi igienici e quant’altro in rovina, con tutti gli effetti che vi lascio immaginare, a casa loro e dintorni.

Del duello, scontro e quant’altro fra i due Mattei, seguito poi da telespettatori sicuramente più numerosi dei lettori del Fatto Quotidiano, nella consapevolezza di un Travaglio forse proprio per questo più agitato – ripeto – del solito, vi dirò che mi ha stupito la gravità con la quale l’ha recepito e raccontato su tutta la sua prima pagina il pur smaliziato Libero di Vittorio Feltri col titolo “Botte da orbi”. Ma quali botte?

Quello fra i due Mattei – come si evince un po’ dai titoli di tutti o quasi gli altri giornali – è stato un fuoco a salve, per fare rumore più che per farsi davvero del male. Renzi e Salvini – sempre in ordine rigorosamente alfabetico, anche se i rapporti di forza parlamentari sono rovesciati, per non parlare di quelli elettorali solo perché il toscano non si è ancora misurato nelle urne con la sua Italia Viva – sono due furbi della Madonna, con tutte le scuse che la Madonna ha il diritto di chiedermi e di ottenere.

Hanno in fondo bisogno l’uno dell’altro per vivere e crescere politicamente, e all’occorrenza anche per mettersi insieme, come si sono ritrovati nello stesso duello televisivo reclamando le dimissioni e la liquidazione della sindaca pentastellata di Roma Virginia Raggi. Cui invece Zingaretti, sia in veste di segretario del Pd per non compromettere i rapporti con i grillini, sia in veste di presidente della regione Lazio per non cadere anzitempo, ha mostrato di voler dare una mano.

Nell’offensiva congiunta contro la Raggi, non gradita naturalmente al Fatto Quotidiano, che ne ha raccolto le proteste contro quei due che non lavorano, stando sempre in televisione, Renzi ha concesso al partito di Salvini anche il riconoscimento di avere buoni sindaci e amministratori. E, detta dall’’ex sindaco di Firenze, non mi pare una cosa modesta o indifferente.

Il fatto è, al minuscolo, che lo scontro fra i due Mattei si era ridimensionato già lunedì, con la lunga intervista di svolta di un Salvini europeista, atlantista e altro ancora, sino all’euro da considerare ormai “irreversibile”, pubblicata sul Foglio con una insofferenza neppure tanto nascosta dal fondatore Giuliano Ferrara. Che, tanto per tenere il punto contro il “Truce”, con la maiuscola, pur riconoscendo a Salvini di avere parlato in “renzismo purissimo”, ha dovuto il giorno dopo firmare il proprio dissenso addirittura dal compianto Winston Churchill. Che, da Machiavelli in salsa britannica, alla luce anche della propria non disprezzabile e lunga carriera politica, definì “una dieta molto nutriente” quella della “parola rimangiata”.

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