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Di Maio

Perché ci sono scintille a 5 stelle fra Di Maio e Fico

Che cosa succede nel Movimento 5 Stelle fra il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e il presidente della Camera, Roberto Fico?

Al manifesto, il quotidiano ancòra e orgogliosamente comunista, debbono essersi convertiti alla filosofia andreottiana secondo cui a pensare male si fa peccato ma s’indovina. Pertanto hanno avvertito lo zampino del Movimento 5 Stelle, e del presidente dell’Inps notoriamente designato e voluto dai grillini, nel (dis)onorevole affare del bonus da coronavirus approdato sui giornali.

Più che scoprirla, il movimento di Grillo avrebbe “pescato” questa vicenda per spendersela in funzione anticasta e anti-parlamentarista in vista del referendum confermativo del 20 settembre sul taglio di 345 seggi fra Camera e Senato. Che tuttavia dovrebbero rimanere in carica sino al 2023 con i loro attuali 945 seggi elettivi perché nelle prossime i grillini dovranno subire un taglio doppio: quello della riforma e quello derivante dal dimezzamento dei loro voti rispetto al bottino sorprendente e ormai irripetibile del 2018.

Questa interpretazione maliziosa dello scandalo uscito dagli uffici dell’Inps, dove tuttavia hanno precisato che sono stati in cinque i deputati a chiedere il bonus ma in tre a ottenerlo, è stata proposta dalla Stampa in una intervista al presidente, peraltro grillino, della Camera Roberto Fico. Che, anziché contestarla, escluderla e quant’altro ha risposto: “Francamente non posso crederlo”.

Contemporaneamente il suo collega di partito, conterraneo, ministro degli Esteri Luigi Di Maio, e già capo non però disarmato del movimento pentastellare, ha rilanciato proprio cavalcando questo affare la partita referendaria del taglio dei seggi parlamentari. Che servirà a dare “un altro sapore di sobrietà” alla politica.

Fico invece ritiene che l’affare dei bonus ai tre deputati che lo hanno percepito e il referendum sui tagli dei seggi parlamentari “sono due cose che nulla hanno a che vedere l’una con l’altra”. Anzi, il presidente della Camera ha colto l’occasione sia per dire che meritano “un lavoro capillare d’informazione” tanto “le ragioni del sì quanto quelle del no”, sia per gridare finalmente basta alla “campagna d’odio” contro le istituzioni scambiate per covi di privilegi.

Beh, è una svolta mica da poco, questa del presidente della Camera, dopo il silenzio da lui riservato alle feste – diciamolo pure – scomposte dei suoi colleghi di movimento davanti a Montecitorio, stappando bottiglie di champagne e sforbiciando poltrone di carta per celebrare i tagli rispettivamente, ai vitalizi passati e ai seggi futuri, dovendo quelli attuali -ripeto- durare sino alla loro scadenza ordinaria, senza correre troppo, anzi rallentando il più possibile la marcia verso l’epilogo.

Lo scontro consumatosi a distanza fra il presidente della Camera e il conterraneo ministro degli Esteri, fuori e dentro il loro partito o movimento, mi sembra essere la notizia del giorno: più della stessa storiaccia del bonus chiesto o percepito, rispettivamente, da cinque o tre deputati sprovvisti di ogni senso di opportunità o di responsabilità, ma senza che ci sia stata “una violazione della legge”, ha precisato Fico. E neppure questa mi sembra una puntualizzazione da poco, che spiega perché il presidente della Camera si aspetti dagli interessati le scuse e la restituzione dei soldi, non di più.

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