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Discorso Von Der Leyen

Perché auspico che Ursula Von Der Leyen sia votata in un afflato bipartisan

Il commento di Gianfranco Polillo

C’è qualcosa che si muove all’orizzonte della politica economica italiana ed europea. Al momento è solo un leggero chiarore. Un barlume che, tuttavia, può assumere una luminosità più intensa. Molto dipenderà dalle prossime votazioni del Parlamento europeo e se, alla fine, Ursula Von Der Leyen sarà confermata alla presidenza della Commissione europea. Soprattutto con quale maggioranza. Il nostro auspicio è che questo avvenga anche con i voti dei deputati europei eletti nelle liste della Lega e di Fratelli d’Italia. Non per semplice patriottismo. Conta anche quello, ma per poter dare una spinta effettiva al necessario processo di cambiamento. Che risulterebbe se non più difficile, almeno più lento, se ingessato in una maggioranza caratterizzata da forti elementi di continuità con il passato.

La necessità di un rinnovamento è sempre più scritta nell’ordine naturale delle cose. La crisi, pur così diversa, che la Germania e l’Italia stanno vivendo, come indicato nell’ultimo report della stessa Commissione europea, si presta a valutazioni differenti. Si può pensare, specie nei confronti di Berlino, ad un semplice rimbalzo negativo, dopo una lunga fase di crescita dell’ordine del 2 per cento all’anno. Ma anche interrogarsi su quella ”perdita di vigore del ciclo industriale“, di cui ha parlato Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, all’assemblea dell’Abi. Fatto puramente contingente o primo inquietante segnale di una crisi legata al modello “old economy“ che domina le due realtà nazionali?

Dubbi che affiorano nella stessa intervista del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, a La Stampa. Una volta depurata dagli immancabili riferimenti di rito: la manovra appena realizzata, la risposta dei mercati in termini di spread, le incertezze per la fine dell’anno. “Le priorità in Europa sono cambiate”, dice il ministro. “Adesso – aggiunge – il focus del dibattito è la crescita, il tono della discussione è diverso”. Ci sono, in altre parole, le condizioni per “rilanciare il dibattito sul Fiscal Compact. Dobbiamo discutere su come cambiare queste regole”. Alleanze possibili “Francia, Spagna e in parte anche la Germania”. Che comincia ad intravedere – aggiungiamo noi – i limiti tecnologici del suo predominio mercantile.

Affermazioni così nette non le avevamo mai sentite. C’erano stati in passato atteggiamenti più o meno velleitari. Grida al vento, mentre a Strasburgo e a Bruxelles si svolgeva con successo la battaglia per non inserire quelle regole ancor più “stupide” (do you remember Romano Prodi) nell’ordinamento europeo. Si tratta ora di recuperare il tempo perduto, non sottovalutando i punti di forza conquistati in Europa: Antonio Tajani, presidente della Commissione Affari costituzionali, e Roberto Gualtieri, che già tanto si era battuto contro la proposta di inserire il Fiscal Compact nell’ordinamento europeo, confermato come presidente della Commissione Problemi economici e monetari. Il cerchio quindi potrebbe chiudersi, se la Ursula Von Der Leyen dovesse essere votata in un afflato bipartisan.

La scelta di Lorenzo Fontana, come ministro degli Affari europei, può contribuire, in modo determinante, al consolidamento di questa strategia. E non solo per le sue prese di posizioni politiche, lontane da ogni sospetto di euroscetticismo. Ma per la lunga esperienza maturata, come capo delegazione della Lega, nello stesso Parlamento europeo. Esiste quindi una congiunzione astrale che può andare a vantaggio dell’Italia. Ma al tempo stesso riconciliare le regole dell’economia con un divenire sociale ormai liberato dalle ubbie e dagli isterismi più vari. Il tempo stringe. Vediamo di non sprecarlo.

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