Per quanto reduce da uno scontro a Montecitorio con Giorgia Meloni sui temi della sanità che l’ha inorgoglita, fra aula e buvette; per quanto sia riuscita a recuperare un rapporto più solidale, o meno scettico, con quelli di Repubblica, da lei difesi a manetta nella polemica con la premier decisa a non ricevere da loro lezioni di italianità con quell’editore che hanno, con interessi ormai più fuori che dentro i confini; per quanto decisa a rimanere al suo posto di segretaria del Pd a prescindere dai risultati delle elezioni di vario livello in programma fino a giugno, ritenendo che il suo mandato congressuale sia più lungo e sicuro di queste scomode scadenze; per quanto non abbia più film da rincorrere nelle sale cinematografiche a costo di arrivare tardi agli appuntamenti di partito; per quanto infine – e mi scuso davvero per questa lunga premessa – potrà cercare di ridurlo ad un fatto locale, temo per lei che costerà caro ad Elly Schlein l’incidente appena accaduto a Verona. Dove il segretario provinciale Franco Bonfante, svanita la misura della sospensione dal partito minacciata a botta calda fra le proteste di Graziano Delrio, ha deposto da vice segretaria la consigliere ragionale Anna Maria Bigon.
LE COLPE DI BIGON, SECONDO IL PD
La colpa di costei è di non essere uscita dall’aula del Consiglio regionale veneto, come le era stato ordinato, quando si è votata una legge per facilitare nelle unità sanitarie locali l’applicazione di una sentenza della Corte Costituzionale per l’accesso al suicidio assistito. Rimasta in aula per astenersi, la consigliera e avvocata Bigon ha determinato la bocciatura della legge di iniziativa popolare già minacciata dai contrasti esplosi fra i leghisti, divisi tra il governatore Zaia favorevole e i salviniani di stretta osservanza contrari.
Mancata la sospensione, Delrio non ha potuto sospendersi pure lui per ritorsione o solidarietà, ma ha ugualmente criticato il declassamento della Bigon. Lo stesso ha fatto l’ex governatrice del Friuli, ex capogruppo alla Camera e ancora altro del Pd Debora Serracchiani. Proteste infine si sono levate da Pier Luigi Castagnetti, da tempo in sofferenza nel partito dove, reduce dalla Dc e dal Ppi, era confluito con la Margherita di Francesco Rutelli pensando che le sensibilità dei cattolici, diciamo così, avrebbero ricevuto più comprensione e rispetto di quanto ne stia rimanendo man mano che procede la segreteria Schlein. Che francamente il povero Castagnetti, come altri nel frattempo già usciti dal partito, non poteva neppure prevedere quando decise di mescolarsi con ciò che restava del Pci.
Il suicidio assistito continuerà ad essere un problema per i malati del Veneto e, più in generale, d’Italia a causa delle resistenze opposte dal Parlamento all’intervento legislativo chiestogli dalla Corte Costituzionale. Ma potrebbe diventare più facile il suicidio neppure tanto assistito di un Pd che non riesce a tenere insieme tutte le componenti delle quali velleitariamente si volle a suo tempo comporre.