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Per il Pd ci vorrebbe una salutare Bad Godesberg

Il Pd deve trovare il coraggio di costruire la sua Bad Godesberg che ne reimposti la strategia e il modello organizzativo, partendo dallo sdoganamento ormai in atto, ma non dichiarato, di termini come riformismo e socialdemocrazia. L'intervento di Enzo Mattina

 

La sconfitta elettorale avrebbe dovuto sollecitare il gruppo dirigente del PD a una riflessione a tutto campo sul percorso che si intende seguire per ridefinire la missione di un soggetto politico, erede di storie politiche che avevano come ispirazione e aspirazione la democrazia, l’uguaglianza, la solidarietà.

Il PD è l’ultimo passaggio del travagliato percorso che ha coinvolto il vecchio PCI dal crollo del regime sovietico, che ha fatto perdere senso alla cesura tra massimalisti e riformisti in Italia come in altri Paesi dell’Europa Occidentale, alla Bolognina del 1989 in avanti, della diaspora socialista post 1992, della frantumazione democristiana, della scomparsa dei partiti laici d’ispirazione liberale.

Purtroppo, l’attesa è andata delusa; la lunga riunione della Direzione del 6 ottobre è stata interlocutoria, il passaggio verso un’altra riunione, che potrebbe fissarne un’altra e così via, fino al Congresso che dovrebbe impegnare ciò che resta di circoli e sezioni fino all’evento nazionale di marzo 2023.

L’unica certezza è l’uscita di scena di Letta; dopo di che, non essendovi altri punti all’ordine del giorno, oltre che un’analisi reticente sulla sconfitta, è rimasto privo di attenzione il passaggio d’epoca che stiamo vivendo e il dibattito vero si è svolto tanto in sordina da apparire inesistente, assorbito dall’evocazione talvolta temuta talaltra auspicata dei tre probabili successori: Stefano Bonaccini, Nicola Zingaretti, Dario Nardella, rispettivamente presidente dell’Emilia Romagna, presidente del Lazio, sindaco di Firenze.

Tre candidature che un organo collettivo, qual è il Comitato direttivo del PD, avrebbe dovuto immediatamente accantonare, chiedendo ai primi due di rinunciare alla elezione alla Camera dei Deputati per portare a termine il loro mandato a livello locale, al terzo di rimanere dove sta, alla guida di una città tra le più importanti d’Italia. Tanto per mantenere il patto con gli elettori, che hanno loro affidato il mandato di amministrare al meglio il loro territorio, e non imporre il ricorso a elezioni anticipate, con il rischio, oltre tutto, di aggiungere altre sconfitte a quella del 25 settembre.

All’indomani di uno smacco tanto pesante, sarebbe stata auspicabile l’assunzione dell’impegno a battersi per il veloce accantonamento della legge elettorale, il famigerato Rosatellum, che, avendo concentrato nelle mani delle gerarchie centrali dei partiti la selezione dei candidati e avendo lasciato agli elettori solo la possibilità di votare simboli e non persone in carne ed ossa, ha di fatto accentuato la percezione collettiva dell’estraniazione dall’esercizio selettivo del voto,  con il conseguente ampliamento dell’area dell’astensionismo.

Di militanti e simpatizzanti qualificati ve ne sono, soprattutto nelle associazioni del Terzo settore, che ben potrebbero aver funzioni di gestione di un partito di nuovo conio, avvezzi come sono, con mezzi striminziti e tanto volontariato, ad approfondire e socializzare conoscenze sui cambiamenti presenti e futuri nei più diversi campi, da quello tecnologico a quello dell’organizzazione della produzione e dei servizi, dall’economicismo totalizzante all’indebolimento costante delle protezioni sociali, dalla staticità dei sistemi pubblici di diffusione del sapere a fronte  della domanda di sapere e saper fare in crescita e in permanente aggiornamento, dalla precarietà dell’ordine politico mondiale, dove avanza la domanda di protagonismo di Continenti e popoli fino ad oggi marginalizzati, al riemergere di fenomeni bellicistici, all’eccesso di temporeggiamento nella cantierazione di rimedi risolutivi, peraltro già diagnosticati e prescritti, alle problematiche ecologiche sempre più complesse e dirompenti.

Un partito di sinistra quale è il PD dovrebbe ripensare tutto il suo modo di essere, abbandonando la pretesa della salvaguardia dei suoi valori con rimedi di oltre un secolo addietro, per imboccare quella della ricerca perenne di azioni e soluzioni in contrappunto con i paradigmi economico-sociali prevalenti. Deve trovare il coraggio di costruire la sua Bad Godesberg che ne reimposti la strategia e il modello organizzativo, partendo dallo sdoganamento ormai in atto, ma non dichiarato, di termini come riformismo e socialdemocrazia.

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