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Papa Francesco

Papa Francesco e la demonologia del Nuovo Testamento

Il Bloc Notes di Michele Magno

Strano paese il nostro. Se oltre tre giovani su dieci sono disoccupati, a maghi, santoni, fattucchieri, astrologi, paragnosti e sensitivi il lavoro certo non manca. Al contrario, si espande a macchia d’olio. Inoltre, secondo l’Associazione internazionale degli esorcisti, le possessioni demoniache sono in aumento a causa del crescente ricorso a pratiche occultistiche. Confesso di non essere un esperto della materia. Tuttavia, mi chiedo: o la venerazione del maligno -nelle sue molteplici forme- è il sintomo di un disturbo della personalità dai risvolti talvolta criminali, e allora è affare di psichiatri e forze dell’ordine; oppure è il segno di una sempre più attiva intrusione di Satana nelle vicende umane, e in tal caso c’è poco da stare allegri.

Beninteso, me lo chiedo con il massimo rispetto per quel mezzo milione di italiani che, secondo l’Associazione degli psicologi cattolici, ogni anno si rivolge a un esorcista. Se però si rivolgesse a un logico, scoprirebbe che il demonio -che è il mentitore per eccellenza- non dice sempre il falso. Dante l’aveva intuito nel Canto XXVII dell’Inferno. L’episodio è noto. L’anima del frate Guido da Montefeltro viene contesa da san Francesco e da un diavolo. Quest’ultimo ha la meglio perché si avvale del principio di non contraddizione. Guido aveva ucciso un uomo su mandato papale, ricevendo da Bonifacio VIII un’assoluzione preventiva per il suo delitto. Ma, per essere valida, un’assoluzione richiede il pentimento del peccatore, mentre non si può essere sinceramente pentiti di un delitto che si deve ancora commettere. “Forse tu non pensavi ch’io löico fossi”, esclama trionfante il diavolo trascinando con sé l’anima di Guido.

Ciononostante, nell’ultima udienza generale del 2023, svoltasi nell’Aula Paolo VI della basilica di San Pietro, papa Francesco ha ribadito con fermezza che “con il diavolo non si dialoga mai, con il diavolo non si deve mai discutere. Egli è astuto e intelligente. Per tentare Gesù ha usato addirittura le citazioni bibliche, state attenti” (Ansa, 27 dicembre 2023). Il pontefice conferma così la demonologia che trova ampio spazio nel Nuovo Testamento, la quale rispondeva a un problema cruciale nell’esperienza religiosa: il problema della presenza di forze avverse, del male, del disordine. Un problema difficile da spiegare in un universo che, come nel mito del “Genesi”, è formato -si dirà poi creato- da Jahvè il quale, il sesto giorno si compiace della bontà dell’opera sua: “E Dio contemplò le cose che aveva fatto ed erano molto buone”  (1,31).

Sant’Agostino (354-430) rifiutava la cosmogonia di Origene (?183-?252), dove la caduta di Lucifero è avvertita come una lacerazione dell’iniziale unità del pleroma divino (ossia della totalità dei poteri di Dio): con un atto di libertà “volle opporsi a Dio e Dio lo mandò in rovina” (“De principiis”). Saranno invece le “auctoritates” del vescovo di Ippona, raccolte nelle “Sentenze” di Pietro Lombardo (1100-1160), il punto di riferimento di tutta la riflessione teologica sugli angeli e sui demoni. Proprio utilizzando le “auctoritates” agostiniane, Tommaso d’Aquino (1225-1274) scriverà che “i demoni possono agire sulla facoltà immaginativa e sui sensi non solo di chi dorme, ma anche di chi è sveglio; [ sicché] tutte le cose che accadono visibilmente in questo mondo possono essere fatte dai demoni” (“Quaestiones disputatae”).

Nella vita cristianamente vissuta il demonio è ovunque, e in ogni momento vuole condurci sulla “via del nero” per sottrarci a Dio e arruolarci tra i suoi sudditi. Sue vittime sono anzitutto i santi e gli eremiti, le cui biografie sono intessute della lotta incessante con il demonio, ove la tentazione si concretizza in immagini, suggestioni, figure inquietanti o seducenti, orribili o suadenti. Se il mostruoso costituisce un elemento costante nelle manifestazioni del demonio, dalla più antica letteratura apocalittica fino alle varie rappresentazioni iconografiche dei tempi moderni, un’altra caratteristica accompagna il diavolo come segno del diverso, del nemico: la sua “nigredo”, appunto.

Nella cultura classica il nero è associato ai giorni funesti, alla morte, agli inferi. Nell’esperienza giudeo-cristiana il demonio, “principe delle tenebre” opposto alla “luce del mondo”, si personifica nell’etiope che, per la sua “nigredo”, supera anche l’egizio, antico nemico del popolo eletto. Pertanto fu facile vedere nei mori saraceni -pagani all’assalto della cristianità- i neri rappresentanti del diavolo: così nella “Chanson de Roland” (seconda metà dell’XI secolo) i musulmani sono sempre neri e senza sole è il paese da cui provengono.

Nel cammino della salvezza iniziato con la tentazione di Adamo ed Eva e la condanna di Jahvè, la figura di Satana è centrale. Lungo tutta la storia la “civitas Dei” coesiste con la “civitas diaboli’ (Agostino, “De Trinitate”). Nel 1213 papa Innocenzo III torna a individuare in Maometto l’Anticristo nel suo appello per la crociata; di lì a poco, anche il grande scontro fra Federico II e il papato sarà inserito in uno scenario apocalittico, come l’evento estremo della lotta fra le forze del bene e le forze del male, prima della fine del mondo. Più tardi anche la drammatica caduta di Costantinopoli (1453) sarà opera del “precursore dell’Anticristo”, il sultano Maometto II, “empio e acerrimo persecutore del popolo cristiano” che promette di traversare l’Adriatico e conquistare Roma (Ernst Kantorowicz, “Federico II imperatore”, Garzanti, 2017).

Come racconta l’eminente medievista Tullio Gregory in un documentato volumetto, la lotta contro la “Sinagoga di Satana”, contro gli ebrei, muoverà e giustificherà un progressivo antigiudaismo nei secoli estremi del Medioevo, con la repressione violenta del popolo deicida (“Principe di questo mondo. Il diavolo in Occidente”, Laterza, 2013). Più avanti, Lucifero invaderà il mondo cristiano di streghe. La loro persecuzione, rafforzata dalla bolla di Innocenzo VIII “Summi desiderantes”, brucia a migliaia tante povere donne. L’Europa è occupata da streghe e “possesse”, mai tanto numerose come nel periodo che va dalla metà del Cinquecento a quella del secolo successivo, fra il “De revolutionibus orbium coelestium” di Copernico e il “Leviatano” di Hobbes, l’epoca della rivoluzione scientifica e della nascita del pensiero politico moderno.

Peraltro, nel Cinquecento, è Satana l’autore della drammatica rottura dell’unità cristiana, quando sarà identificato, secondo le diverse prospettive polemiche, nel papa o in Lutero. Quest’ultimo, rifugiato nel castello di Wartburg (dove tradusse la Bibbia in tedesco) dopo  la sua scomunica (1521), sentiva non topi, ma legioni di diavoli nei rumori provenienti dal soffitto della sua stanza. Satana, padre di menzogna, precisa Calvino (1509-1564), è il promotore di tutte le dottrine cattoliche relative al purgatorio, alle indulgenze, al culto delle reliquie (“L’Istituzione della religione cristiana”, I libro).

Mai Satana è stato tanto attivo come in questi tempi, scrive Martin del Rio nei primi anni del Seicento. Nei sei libri delle “Disquisizioni magiche”, il gesuita fiammingo sostiene che il demonio ha ovunque diffuso gli oscuri riti del Sabba e ha suscitato in terra cristiana ogni forma di eresia: luterani, calvinisti, anabattisti, i “tre spiriti immondi che escono dalla bocca del dragone” annunciati nella “Apocalisse”. E quando emergeranno i primi sintomi della modernità -l’eclissi del sacro con i suoi miti, l’affermarsi di un’etica mondana, la riduzione delle religioni a “instrumentum regni”- il gesuita olandese Leonardo Lessio (1554-1623) indicherà in Niccolò Machiavelli -ultima manifestazione di Satana- il duce della setta degli atei.

In questa battaglia contro il demonio i gesuiti si sentono dunque in prima linea, e non a caso Ignazio di Loyola aveva proposto nei suoi “Esercizi spirituali” (1522-1535) la meditazione sull’esercito di Satana teatralmente schierato contro l’esercito di Cristo”. Proprio perché combattono “ad maiorem Dei gloriam”, i gesuiti sono odiati da Satana, il vero responsabile delle looro persecuzioni in Francia fra il il 1624 e il 1626, come afferma con assoluta sicurezza il predicatore dell’Ordine François Garasse (1584-1631), famoso per i suoi anatemi contro gli ugonotti, i gallicani e i libertini. Tuttavia, il diavolo continuava a essere presente non solo nelle opere di teologi e giuristi, ma nelle radici stesse del pensiero moderno. Il giovane Cartesio ne ha esperienza nei celebri sogni del 1619, quando si sente conteso fra il “mauvais génie” e “l’esprit de verité”. Più tardi, nel corso delle sue “Meditationes de prima philosophia” (1641), il “genius malignus, summe potens et callidus [astuto]”, metterà in crisi il valore di tutte le conoscenze sensibili e la realtà stessa del mondo esterno, che solo la garanzia del Dio creatore permetterà di recuperare.

 

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