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Giorgetti

Papa Francesco, Draghi e i pazzi

Le parole del Papa e le mosse di Draghi commentate (poco) dai giornali. I Graffi di Damato

 

Con spirito politico augurabilmente opposto  -al netto quindi della imprevedibilità di Giuliano Ferrara e del suo giornale sul terreno religioso, dove a volte l’ex ministro di Silvio Berlusconi è riuscito a essere o a fare il papista più del Papa, specie ai tempi di Ratzinger – due testate si sono richiamate al Pontefice Francesco per sottolinearne le distanze dalla piega presa dagli sviluppi della guerra in Ucraina e dagli effetti sugli equilibri internazionali: in particolare, con una Nato che ha smesso di “russare”, come ha titolato con la solita acutezza il manifesto, rifornendo d’armi gli ucraini aggrediti da Putin, e con i paesi membri, compresa l’Italia, che hanno deciso di aumentare le spese militari, ora che il capo del Cremlino è diventato più aggressivo verso l’Occidente. E l’Italia – c’è da scommettervi – lo farà subito, a dispetto del no gridato per il MoVimento 5 Stelle dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Al quale il successore Draghi ha risposto da Bruxelles facendo semplicemente spallucce.

“Nato e Draghi: “Più armi”- Il Papa: “Siete dei pazzi”, ha titolato in blu Il Fatto Quotidiano senza chiedersi, come faceva a suo tempo Stalin spartendosi l’Europa con gli occidentali, alla fine della seconda guerra mondiale, quante fossero le guardie svizzere del Vaticano. “Non armarsi contro Putin? Da pazzi”, ha titolato all’opposto, laicamente, facendo il verso a Francesco Il Foglio. Che almeno una cosa di positivo ha colto nell’errore di Putin di invadere l’Ucraina: il ricompattamento dell’Occidente, e più in generale, dei rapporti fra gli Stati Uniti e l’Unione Europea dopo il brutto ritiro dall’Afghanistan, letteralmente abbandonata o restituita, come preferite, ai talebani. Che ne stanno facendo carne da porco, al solito.

Basta guardare le immagini giunte da Bruxelles e dintorni, senza registrarne parole e gesti con cui ha liquidato le resistenze del suo predecessore a Roma, per capire la soddisfazione di Mario Draghi per l’andamento delle cose a livello europeo e atlantico. Pur nominato dal Papa, ancor prima di approdare a Palazzo Chigi, membro certamente non secondario dell’Accademia Pontificia delle Scienze sociali, ed avendo ancora prima studiato con un un certo profitto dai gesuiti dell’allora non ancora pontefice Bergoglio, e non perdendosi una messa estiva dovunque gli capiti di potervi partecipare, il presidente del Consiglio è un laico a 24 carati. La Chiesa è una cosa, la politica è un’altra, a cominciare da quella italiana.

Un altro laico apparentemente ancora più laico di Draghi, che magari qualche volta ne avrà anche votato il partito in deroga all’abitudine di preferirgli la Dc e, chissà, qualche volta persino il Psi di Bettino Craxi, è stato nella storia d’Italia il compianto Giovanni Spadolini, sino a diventare nel 1981 il primo presidente del Consiglio non democristiano nella storia della Repubblica. Ma mentre Spadolini, al governo o nel suo studio di storico, professore e giornalista, preferiva prendere sempre le misure del Tevere, per valutare quanto si fossero allontanate o avvicinate le sponde del fiume romano, e quindi il Vaticano e Palazzo Chigi, o palazzi simili, Draghi preferisce prendere le misure dell’Atlantico per valutare le distanze dalla sponda europea a quell’americana.

C’è una bella differenza fra i due. Ma sospetto che, sotto sotto, ,magari molto sotto, nonostante il papismo ostentato da Travaglio, il mio Draghi con la sua minore produzione letteraria non dispiaccia neppure al Pontefice felicemente e gesuiticamente regnante.

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