La risoluzione di maggioranza votata in modo compatto dal centrodestra; ben quattro risoluzioni, invece, delle opposizioni, una per partito.
A Montecitorio, sulle comunicazioni del premier Giorgia Meloni, in vista del Consiglio Europeo di oggi e domani, va in scena lo stesso “film” del Senato.
E questa volta a mettere il timbro plasticamente sulla spaccatura delle opposizioni sulla questione dirimente di politica estera e cioè il sostegno anche con le armi all’Ucraina c’è Giuseppe Conte in persona, il leader pentastellato, che è deputato e dal suo scranno a Montecitorio si scaglia contro Meloni, che lo aveva duramente sfidato al Senato.
Conte, in un crescendo, accusa il premier di “portarci verso la guerra nucleare”. Ma che Conte replicasse in modo così veemente a Meloni, fino a incorrere in un lapsus, corretto dai suoi, in cui sostituisce il nome di Matteotti con quello di Andreotti, era da mettere in conto.
Il punto politico è la sfida tutta interna alla sinistra. Una sfida che il leader pentastellato lancia di fatto al Pd attestato sull’Ucraina sulla stessa linea atlantista di Enrico Letta, quindi sempre favorevole anche all’invio delle armi, pur togliendo il termine dal suo testo.
Ma la sostanza della netta divisione sul nodo cruciale di politica estera resta. Conte, dunque, si riprende la scena e cerca di recuperare terreno sui diritti civili e il salario minimo sui quali Schlein lo aveva oscurato.
Interpellato dai giornalisti punge il Pd, quando dice che a sinistra c’è ancora “da lavorare”. Ed è chiaro che da qui alle Europee del 2024, dove si vota con il sistema proporzionale, a sinistra sarà tutta una competizione interna, con i Cinque Stelle che si giocheranno il loro netto no all’invio di armi in Ucraina per recuperare consensi del popolo rosso attestato su posizioni cosiddette pacifiste.
Conte a Montecitorio è anche oggettivamente favorito dall’assenza di Schlein il cui staff, come riportano le agenzie, l’ha motivata con il fatto che stava partendo per Bruxelles per un vertice del Pse, il primo cui partecipa da segretaria del Pd, preparatorio del Consiglio UE.
Resta il fatto, fanno notare maliziosi osservatori di cose dem, che se Schlein ci fosse stata e fosse intervenuta avrebbe dovuto certificare in un dibattito parlamentare cosi importante la spaccatura sull’Ucraina con quello che è il suo principale alleato.
Non proprio un buon viatico per l’avvio della ricostituzione del “campo largo”. Ma, nonostante l’ assenza di Schlein, seppur giustificata dai suoi impegni a Bruxelles, le opposizioni divise tra loro si uniscono su quello che sarebbe a loro parere il vero caso politico del giorno. E cioè il fatto che alle dieci del mattino sugli scranni del governo non ci sono ancora i ministri della Lega che non c’erano neppure in Senato.
A lanciare l’attacco su Twitter è subito Carlo Calenda del Terzo Polo, che già in Senato aveva votato una parte della risoluzione della maggioranza. Ma che ora si trova sempre più stretto in una dinamica che a sinistra vede come attori principali Pd e Cinque Stelle. E questo in un quadro bipolarizzato tra centrodestra e opposizioni dominate da una sinistra sempre più estremizzata.
Comunque sia, il “caso Lega”, dove la “forte preoccupazione” per un escalation del conflitto espressa dal capogruppo al Senato Massimiliano Romeo viene enfatizzata dal centrosinistra spaccato, alla prova dei fatti così come non c’è stato al Senato, non c’è neppure a Montecitorio.
Arrivano a Montecitorio sui banchi del governo i ministri leghisti Calderoli e Valditara. Il centrodestra vota di nuovo compatto sul sostegno anche militare a Kiev. “Non c’è nessun caso politico”, dice il capogruppo leghista Riccardo Molinari. Tommaso Foti, capogruppo di FdI: “Divisioni nella maggioranza? Tutte farneticazioni, quel che conta sono gli atti”.
Che vi siano sfumature e sensibilità diverse nella comune linea di sostegno all’Ucraina è comunque un fatto neppure molto nuovo, ma il risultato finale è sempre lo stesso. Il cosiddetto “caso Lega” si sgonfia dunque anche alla prova di Montecitorio.
Sullo sfondo semmai ci potrebbe essere il negoziato in atto sulle nomine nelle società statali, fisiologico per tutte le maggioranze di governo.
Quanto all’Ucraina, Giovanni Donzelli, responsabile organizzativo di FdI, ricorda: “Noi votiamo una sola risoluzione, voi (le opposizioni, ndr) ben quattro”. Poi, l’esponente di FdI sottolinea: “Le preoccupazioni della Lega sono anche le nostre. Non sono questioni divisive ma le stesse che abbiamo anche noi di FdI, con la consapevolezza del centrodestra unito dalla convinzione che la pace non si costruisce fuggendo di fronte alle responsabilità, un centrodestra che non dimentica Pratica di Mare”.
Omaggio qui a Silvio Berlusconi, che, riunendo i cinque presidenti di Regione di Forza Italia, ribadisce “piena e costante sintonia con il governo”. Meloni, intanto, replica duramente sull’immigrazione alle accuse delle opposizioni: “Noi siamo quelli che potenzialmente hanno salvato più persone in mare, sono 36.500 dall’inizio del mio mandato”. E addossare al governo le colpe per tragedie come quella di Cutro, “al cospetto del mondo”, attacca Meloni, “è una calunnia non verso il governo, ma verso lo Stato”.