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Germania

Perché l’intelligence Usa ha fallito anche con il coronavirus made in Wuhan

Il rapporto sull'origine del nuovo coronavirus che l'amministrazione Biden aveva commissionato all'intelligence è "inconcludente". Ecco perché

 

Il rapporto sull’origine del coronavirus SARS-CoV-2 che l’amministrazione di Joe Biden aveva richiesto all’intelligence degli Stati Uniti è “inconcludente”. Lo scrive il Washington Post citando due funzionari americani informati dei fatti.

Il rapporto è al momento segreto, ma alcune parti potrebbero venire declassificate per il rilascio al pubblico. L’indagine, tuttavia, non giunge ad alcuna conclusione sulla provenienza del coronavirus: non offre certezze né sulla sua trasmissione naturale da animale a umano, né sulla sua eventuale fuga da un laboratorio cinese.

LA RICHIESTA DI BIDEN

Lo scorso maggio, ricostruisce il Washington Post, il presidente Biden aveva chiesto alle agenzie di intelligence di produrre un rapporto “che possa avvicinarci a una conclusione definitiva” sulle origini del virus SARS-CoV-2, che ha ucciso oltre 4 milioni di persone e causato gravi crisi economiche in tutto il mondo.

L’intelligence ha esaminato i dati già esistenti e ha cercato nuove prove, ma non ha comunque raggiunto una conclusione, hanno detto i due funzionari al quotidiano.

L’ORIGINE DEL CORONAVIRUS SOTTO TRUMP

Il dibattito sull’origine del nuovo coronavirus si era fatto particolarmente aspro sotto la precedente amministrazione di Donald Trump, che affermò che provenisse da un laboratorio cinese. Gli sforzi per comprendere l’origine del SARS-CoV-2, spesso politicizzati, sono stati inoltre complicati dal rifiuto delle autorità di Pechino di collaborare e di consentire indagini internazionali maggiormente approfondite.

LE POSIZIONI DELL’INTELLIGENCE

A maggio Biden ha ricevuto un rapporto dall’intelligence dove si leggeva che le agenzie avevano individuato “due scenari possibili”, senza però giungere a una conclusione. Più nello specifico, due agenzie propendevano per l’origine del virus dal contatto umano con un animale infetto; una terza agenzia tendeva verso la spiegazione dell’incidente in laboratorio.

NIENTE “PISTOLA FUMANTE”

Già lo scorso giugno la direttrice dell’Intelligence nazionale dell’amministrazione Biden, Avril Haines, fece sapere che le agenzie avrebbero potuto fallire nel compito e non riuscire a risolvere il mistero. In un’intervista a Yahoo News disse che era “difficile” trovare la “pistola fumante”, cioè una prova schiacciante.

L’INTELLIGENCE È INADATTA AL COMPITO?

Oltre alla difficoltà dell’indagine, l’insuccesso dell’intelligence americana potrebbe spiegarsi anche con il fatto che queste agenzie non sono formate per analizzare dati sanitari: il compito dei servizi di spionaggio è raccogliere informazioni da una serie di attori stranieri, non misurarsi con questioni scientifiche.

LA LETTERA DEGLI SCIENZIATI A “SCIENCE”

La tesi sulla fuga del coronavirus da un laboratorio ha suscitato ancora maggiore interesse dopo che a maggio un gruppo di diciotto scienziati ha inviato una lettera alla rivista scientifica Science (una delle più prestigiose del settore) per insistere sulla necessità di indagare su tutti i possibili scenari di origine, incluso quello dell’incidente in laboratorio.

I sostenitori di questa teoria portano come prova un’informazione – prima declassificata, poi resa pubblica negli ultimi giorni dell’amministrazione Trump – secondo la quale tre lavoratori dell’Istituto di virologia di Wuhan, uno dei centri di ricerca sui coronavirus più importanti al mondo, erano andati in ospedale nel novembre 2019 con sintomi influenzali. Il Washington Post specifica al pubblico americano che in Cina la popolazione si reca in ospedale per controlli di routine o per lievi malori.

LA TESI DELL’ORIGINE NATURALE

D’altra parte, gli scienziati che propendono per l’ipotesi dell’origine “naturale” ricordano che è piuttosto comune che i virus si trasmettano da animale a uomo. In questo senso, lo scenario più plausibile è che il contatto sia avvenuto in qualche mercato affollato dove si vendevano animali selvatici e domestici. In un rapporto del 7 giugno pubblicato sulla rivista Nature venivano indicate 38 specie di animali venduti, spesso affetti da malattie e tenuti in condizioni igieniche carenti, in diciassette mercati nei pressi di Wuhan prima dello scoppio della pandemia.

IL NUOVO CORONAVIRUS NON È UN’ARMA BIOLOGICA

Gli esperti si dicono quasi certi che il nuovo coronavirus non abbia un’origine artificiale – non sia cioè un’arma biologica creata di proposito -, ma non escludono la possibilità di un virus naturale fuggito da un laboratorio per un incidente.

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