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Le opposizioni arrancano per le melonate di Fitto e Draghi

Perché non è un bel momento per le sinistre. I Graffi di Damato.

“Le penne rosse”, come le chiama su Libero il direttore Mario Sechi, già suo portavoce a Palazzo Chigi, stanno perdendo inchiostro in cui intingere per rappresentare la solita Giorgia Meloni “assediata”, “isolata”, “sfinita”, “impaurita” e prossima addirittura ad una crisi di nervi, o persino di governo.

La premier si divide sulle prime pagine dei giornali tra il flirt politico con gli industriali, nella mattinata di ieri, e quello del pomeriggio con Mario Draghi, declassato a “disgelo” dalla solita Repubblica ma interpretato e indicato da altri all’”asse” pari solo a quello della premier col presidente della Confindustria Emanuele Orsini.

L’ossessione si è un po’ rovesciata: da quella attribuita alla Meloni circondata da nemici anche all’interno della maggioranza a quella delle opposizioni, di carta o parlamentari, che avvertono la premier ringalluzzita, per esempio, dal successo offertole dall’amica e presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen con la nomina di Raffaele Fitto a commissario della coesione e delle riforme e vice presidente esecutivo: non il solo, certo, essendovene altri cinque, ma con un portafogli di mille miliardi di euro e ben poche possibilità di essere trattato come un avversario e basta da tutte le opposizioni italiane rappresentate nel Parlamento europeo, a cominciare da quella pur numericamente modesta, anzi modestissima, dei contiani. Così ormai bisognerebbe cominciare a chiamare i grillini dopo la rottura ormai consumatasi fra il presidente del MoVimento 5 Stelle e il suo fondatore, garante e consulente a contratto. Che si è appena procurato sul Fatto Quotidiano, abbastanza seguito da quelle parti, un editoriale di fuoco del direttore Marco Travaglio.

È curioso, divertente e quant’altro che quest’ultimo abbia concluso la sua requisitoria contro il comico che non ha mai scambiato Giuseppe Conte, come invece il direttore del Fatto, per il migliore presidente del Consiglio nella storia d’Italia dopo Camillo Benso di Cavour, sin forse a meritarsi già da vivo una statua in qualche piazza di Roma; è curioso, divertente e quant’altro, dicevo, che Travaglio abbia concluso l’attacco a Grillo chiedendosi: “Ma non è che ultimamente ha risentito Draghi?”. Dal quale già si sarebbe lasciato convincere nel 2021 a sostenerne il governo, facendovi entrare anche i grillini, in un percorso di morte politica ed elettorale. “Così almeno tutto ciò che è insensato acquisterebbe un senso”, ha scritto Travaglio pensando evidentemente anche al ritorno di Draghi a Palazzo Chigi per incontrare Meloni con una cordialità ostentata da entrambi davanti a fotografi e telecamere.

Se davvero la Meloni, come le attribuisce Emilio Giannelli nella vignetta di prima pagina sul Corriere della Sera, ha chiesto a Draghi “una copia della sua agenda” da lei smarrita – un’agenda “in pelle umana”, come ne scrive abitualmente Travaglio – l’operazione può ritenersi già compiuta tra ieri sera e questa mattina. Consegna a domicilio.

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