Skip to content

Ecco come le opposizioni si sbriciolano sulle armi all’Ucraina

Le opposizioni si spaccano sull'invio delle armi all'Ucraina ed è lite interna (anche nel Pd). Problemi ben più gravi rispetto alle discussioni che agitano il centrodestra. La nota di Paola Sacchi

Uniti nell’allarme contro il fantasma del fascismo, divisi sulle guerre reali dell’oggi che scuotono l’Europa. Surreali e stranianti scene dall’opposizione. Dopo i saluti romani per Acca Larentia, che si ripetono da 46 anni sotto tutti i governi e già condannati da FdI con Fabio Rampelli e Giovanni Donzelli, la minoranza evoca con la segretaria del Pd, Elly Schlein, addirittura “il 1924, invece del 2024”.

Ma si sfarina sulla proroga dell’invio delle armi all’Ucraina. Il provvedimento passa con la maggioranza compatta. Il fronte delle opposizioni, invece, si spacca ed è lite interna. Ognuno presenta una risoluzione. Risultato: Iv, Azione e +Europa votano a favore con la maggioranza. Il Pd, invece, accusato dai renziani di Iv e dai calendiani di Azione di inseguire i Cinque Stelle contrari, si astiene. Ma il Pd si spacca anche al suo interno: tre deputati, tra cui il riformista ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini (nella foto), non ci stanno e votano sì. Stessa scena al Senato dove votano sì con la maggioranza 6 senatori del Pd, tra cui Pier Ferdinando Casini eletto come indipendente nelle file dem.

Ulteriore, clamorosa conferma di quelle divisioni su una questione dirimente come la politica estera che impediscono alle opposizioni di essere un vero fronte alternativo. E questo proprio sul sostegno armato all’Ucraina dove la maggioranza di centrodestra o destracentro, nonostante le accuse, conferma in pieno la sua scelta euro-atlantica contro l’aggressione della Russia. Mentre la minoranza di sinistra dimostra ancora la sua fragilità su questa scelta dirimente.

Stefania Craxi, senatrice di FI, presidente della commissione Esteri-Difesa, sottolinea che sostenere militarmente l’Ucraina aggredita “significa lavorare per la pace”, il governo, prosegue, “onora il suo impegno euro-atlantico”. Ma Schlein sembra più concentrata all’attacco di un fascismo morto quasi 80 anni fa e di un premier come Giorgia Meloni che se non altro per ragioni anagrafiche il fascismo non lo ha mai conosciuto.

Il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti e il vicepresidente di Montecitorio Fabio Rampelli, cofondatore di FdI, dopo aver ricordato in questi giorni che il loro partito è del tutto estraneo a quel tipo di commemorazione con il saluto romano “di gruppi e cani sciolti” (Rampelli), o di “200 imbecilli (Donzelli), accusano Schlein di non essersi “neppure posta il problema che la strage di Acca Larentia, cui segui il suicidio del padre di uno dei tre giovani uccisi, sia rimasta impunita”.

La situazione di sfilacciamento delle opposizioni è tale da essere oggettivamente imparagonabile con i problemi del pur complicato risiko del centrodestra per Europee, Regionali e Terzo mandato. Divisioni ci sono, “è normale che ci sia fermento prima di questi appuntamenti elettorali”, dice Antonio Tajani, segretario di FI, vicepremier e ministro degli Esteri. Matteo Salvini, che ha già dichiarato che non si candiderà, così come lascia capire di voler fare Tajani, ieri sera in Tv a “Porta a Porta” ha calato l’asso Luca Zaia sul tavolo delle Europee. “Mi piacerebbe la sua candidatura come quella degli altri governatori che sono molto amati dalla gente, anche se io non obbligo nessuno”, ha detto il leader della Lega, vicepremier e Ministro di Infrastrutture-Trasporti.

Una mossa da inquadrare nel complesso risiko anche delle elezioni regionali con un occhio al Veneto dove si voterà nel 2025 con FI che non sembra d’accordo per un nuovo mandato del plebiscitato governatore leghista, come invece vuole Salvini. Ma anche una mossa da valutare in vista di una eventuale candidatura di Meloni alle Europee, rispetto alla quale la Lega mette avanti un nome come quello di Zaia campione di preferenze. Competizione fisiologica pur nella collaborazione di governo che nessuno mette in discussione nel centrodestra.

Salvini ribadisce che l’obiettivo della Lega è tornare alla doppia cifra. Rimarca la sua posizione di confermare per le Regionali tutti gli uscenti. Ma il nodo principale da cui parte il risiko è la Sardegna, dove la Lega insiste sulla conferma della candidatura di Christian Solinas e FdI invece si attesta sul sindaco di Cagliari Paolo Truzzu. Nel risiko ci sono Piemonte (ora FI), Abruzzo (FdI), Basilicata (FI), Umbria (Lega) e nel 2025 anche il Veneto di Zaia. Salvini comunque sottolinea che la coalizione insieme alla fine “troverà alla soluzione e il governo andrà avanti per tutta la legislatura”. La situazione delle opposizioni è un oggettivo, involontario, fattore di aiuto.

Torna su