Mentre il Pd, con i suoi indagati, appare ormai come ostaggio di una sorta di ulteriore grado di giudizio sul piano politico da parte di un Giuseppe Conte, che sembra sempre più ergersi a garante morale dei “principi di legalità e etica”, dal centrodestra viene una lezione di sfida alla paralisi che le inchieste giudiziarie stanno determinando nelle amministrazioni. E così in una giornata in cui Elly Schlein prima ha accolto con entusiasmo il via libera “garantista” del presidente dei Cinque Stelle e ex premier alla candidatura di Matteo Ricci, alla guida delle Marche, per venire però subito dopo gelata dalla conferma del pollice verso dello stesso Conte su Beppe Sala, invitato ad andarsene, dopo i 6 arresti nell’inchiesta di Milano sull’urbanistica, dalla Calabria con il governatore di Forza Italia, Roberto Occhiuto, dopo l’avvio dell’inchiesta per corruzione, è venuto un forte segnale della politica che si ribella all’uso politico della giustizia.
Ma Occhiuto, che è anche uno dei vicesegretari di FI, sottolinea che la sua decisione a sorpresa di dimettersi per ricandidarsi a nuove elezioni non è contro i Pm ma contro “gli odiatori, contro chi vuol vedere la Calabria bloccata”. E sempre Occhiuto, esponente di spicco di un partito che ha nel garantismo la sua stella polare, ribadisce che nessuno si deve dimettere per un avviso di garanzia.
E così mentre Conte, nonostante la cosiddetta svolta “garantista” su Pesaro, continua a tenere il Pd sulla graticola chiedendo il passo indietro di Sala, con l’accusa di “Far West edilizio” , dalla Calabria Occhiuto rilancia rimettendo in primo piano il ruolo della politica. E degli elettori, gli unici che devono decidere. E questo a differenza di una sinistra che, dopo aver cavalcato tutte le inchieste giudiziarie a danno degli avversari politici, garantista solo per sé, ora un “giudice” tutto politico se lo ritrova anche nel cosiddetto campo largo nelle vesti di Conte. Cosa che fa sbottare Carlo Calenda contro “un Pd che scodinzola”. Occhiuto, invece, rilancia e avverte: “Non mi farò fermare, mi dimetto e mi ricandido. Tra qualche settimana saranno i calabresi a decidere il futuro della Calabria, non altri”.
In un video girato sui social il governatore azzurro si chiede: “Ma perché quando qualcuno cerca di fare qualcosa di buono in questa Regione, tanti altri – che godono solo per il fallimento della Calabria – vorrebbero fermarlo? È quello che sta succedendo oggi in Calabria”. Prosegue, indicando il panorama davanti: “Ho deciso di portarvi qui, di farvi vedere questo cantiere, il cantiere della metropolitana di Catanzaro. Ma avrei potuto portarvi in tanti altri luoghi della Calabria – a Sibari, nell’ospedale della Sibaritide; a Vibo, nell’ospedale di Vibo; a Palmi; nei cantieri degli aeroporti; in quelli della SS106 – per farvi vedere quante opere si stanno realizzando e quante opere oggi si vorrebbero fermare”.
Poi, la domanda chiave: “Chi vorrebbe fermarle, la magistratura? No, io non ce l’ho con la magistratura. Non cambio idea: ho sempre detto che in una Regione complicata come la Calabria i magistrati devono fare il loro lavoro serenamente. D’altra parte, io ho chiarito ogni cosa, non ho nulla da temere dall’inchiesta giudiziaria”. Quindi: “Sapete con chi ce l’ho? Ce l’ho con tutti questi politici di secondo piano, tutti questi che in politica non hanno mai realizzato nulla per la Calabria in tanti anni. Ce l’ho con questi odiatori, con queste persone arrabbiate con la vita, che tifano per il fallimento della Calabria, che quasi sono contenti quando si parla male della Calabria”. Spiega: “Ce l’ho con questi che utilizzano l’inchiesta giudiziaria come una clava per indebolire o per uccidere politicamente il presidente della Regione: non sarà così”.
Occhiuto ribadisce che “in un Paese civile nessuno debba dimettersi perché riceve un avviso di garanzia, nessuno”. Ma aggiunge: “Nella mia amministrazione oggi sta succedendo che è tutto bloccato: nessuno si assume la responsabilità di firmare niente, tutti pensano che questa esperienza sia come quelle precedenti”. E questo “la Calabria non se lo può consentire. La Calabria ha avviato un percorso che finalmente la sta facendo diventare una Regione che non è più in ginocchio rispetto alle altre Regioni d’Italia”. Per questa ragione, conclude, “ho deciso di dimettermi, ma ho deciso anche di ricandidarmi, ho deciso di dire ai calabresi: siate voi a scrivere il futuro della Calabria. Tra qualche settimana, quindi, si andrà a votare, e saranno i calabresi a decidere il futuro della Calabria, non altri”.
Una lezione di coraggio della politica che non si fa dettare l’agenda da quell’uso politico della giustizia da parte di una sinistra che le dimissioni le ha chieste sempre e solo per gli avversari politici. Come un anno fa è accaduto per l’ex governatore ligure, Giovanni Toti. Un doppio registro contro cui si è espresso ieri sera il leader della Lega, vicepremier e ministro, Matteo Salvini, secondo cui “è giusto tornare al voto in Calabria”. Mentre l’altro vicepremier, segretario azzurro, Antonio Tajani, ha incassato sempre ieri sera in un incontro la conferma del sostegno a FI di Marina e Pier Silvio Berlusconi. Quest’ultimo ha escluso un suo impegno diretto in politica.