skip to Main Content

Guerre Congiure

Non solo Kiev e Mosca, tutte le ferite della storia non rimarginate

“Ferite ancora aperte. Guerre, aggressioni e congiure” di Paolo Mieli letto da Tullio Fazzolari

La guerra in Ucraina inizia con l’aggressione russa il 24 febbraio 2022. Oppure era già cominciata nel 2014 quando Putin ha invaso la Crimea e attaccato il Donbass. Sembrano dati di fatto certi e indiscutibili e lo confermano le cronache dal fronte. Ma basta guardare indietro nel tempo per accorgersi che la verità è più complessa. Paolo Mieli con “Ferite ancora aperte. Guerre, aggressioni e congiure” (Rizzoli, 304 pagine, 18,50 euro) dimostra che il conflitto fra Mosca e Kiev in realtà trae origine da una lacerazione che risale a oltre un secolo fa. I tentativi ucraini di rendersi indipendenti e avere una propria identità nazionale dopo la caduta dell’impero zarista furono schiacciati dall’Unione Sovietica di Stalin. Agli eccidi e alle deportazioni fece da contrappeso qualche concessione territoriale fra cui il Donbass e, durante il governo di Kruscev, la Crimea. La lacerazione sembrava rimarginata. Ma era, purtroppo, soltanto un’illusione.

La guerra in corso è la prova che le cicatrici si possono riaprire in qualunque momento. Sono semplicemente, come osserva Mieli, guarigioni più o meno apparenti dietro le quali continuano a esserci le lesioni che si sono prodotte nel passato. “Ferite ancora aperte” inizia giustamente dallo scontro tra Kiev e Mosca perché è l’esempio di maggiore attualità. Ma è soprattutto il punto di partenza di un percorso storico in cui Mieli individua e racconta una trentina di traumi del passato che fanno ancora sentire le proprie conseguenze. Il risultato è una panoramica ricca di episodi dai quali si deduce che ciò che sembra un fenomeno nuovo in realtà ha origini remote. E’ il caso della cosiddetta cancel culture che di fatto non inizia nel ventunesimo secolo ma addirittura al tempo della Rivoluzione francese.

Tutti conoscono il dipinto di Jacques-Louis David che ritrae l’assassinio di Marat per mano di Carlotta Corday. Esisteva un altro quadro che lo stesso David aveva dedicato a Michel-Louis Lepeletier, nobile rivoluzionario anche lui assassinato da un realista per aver votato a favore della condanna a morte di Luigi XVI. Il secondo quadro non s’è mai più visto. Venne acquistato dagli eredi di Lepeletier i quali, con la restaurazione dei Borboni, ritennero conveniente cancellare ogni traccia del parente rivoluzionario. Anche le immagini sono divisive. Come lo è stata la statua di Giordano Bruno in Campo dei Fiori che scatenò uno scontro feroce fra cattolici e anticlericali. Tutti gli episodi narrati da Mieli sono altrettante ferite che in realtà non si sono mai completamente rimarginate. Forse non c’è rimedio ma è necessario esserne consapevoli: sono, come osserva Mieli, “traumi che abbiamo conosciuto, affrontato e in un certo senso risolto. Facendo però poi l’errore di dimenticarcene”. E senza dubbio è lo stesso sbaglio che tutti hanno commesso ignorando la questione ucraina.

Back To Top