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Giorgetti

Non solo Davigo. Benvenuti nel pazzo mondo della Giustizia

Notizie di ordinaria e straordinaria disamministrazione della giustizia commentate dal notista politico Francesco Damato

 

In un giorno in cui troneggiano più o meno sulle prime pagine di tutti i giornali le notizie sulla giustizia a parti invertite, cioè non di magistrati che indagano su cittadini comuni, o anche su personalità autorevoli della politica, dell’imprenditoria e simili, ma di magistrati che indagano su altri magistrati, e di procure che si contendono competenze ballerine, con schizzi di fango che volano un po’ dappertutto e sfiorano persino il Quirinale, passano purtroppo per minori le notizie di ordinaria disamministrazione degli affari penali. E’ quella, per esempio, sottolineata dal Dubbio di un detenuto ostinatamente trattenuto in carcere tra carteggi allucinanti dai quali non ha potuto difendersi alla fine che uccidendosi in cella nel mese di gennaio del 2020. Egli era imputato con altri sei che sono stati appena assolti nel tribunale calabrese di Locri dopo un’operazione chiamata “Canadian ‘ndragheta connection”.

Oltre ad essere innocente, com’è risultato dalla sentenza di assoluzione dei coimputati, il poveretto – Giuseppe Gregoraci, di 51 anni – aveva la disgrazia di essere invalido per avere perduto in un incidente di strada una gamba, sostituita con una protesi dipendente, per la sua funzionalità, da una fisioterapia che nel primo carcere di destinazione non era praticabile. Egli era stato pertanto trasferito a Voghera, dove neppure era stato possibile provvedere alle cure necessarie, mancando le quali non solo la protesi si rese inutilizzabile ma lui cadde in una depressione ancora maggiore di quella di cui già soffriva prima. E che era stata inutilmente segnalata dai difensori chiedendone quanto meno la detenzione domiciliare.

Mentre giudici di sorveglianza, periti, avvocati si scambiavano i soliti carteggi fra lo sgomento degli stessi uffici penitenziari, le cui segnalazioni e sollecitazioni non producevano effetti, persa ogni speranza di ottenere almeno di cercare di curarsi a casa, il poveretto si impiccò in cella. Sul caso ora sono aperte – ha raccontato l’avvocato Giuseppe Calderazzo – due inchieste: una a Pavia contro ignoti e una a Salerno su due giudici di sorveglianza per i quali però i pubblici ministeri hanno già chiesto l’archiviazione.

Non so a voi, ma a me una storia come questa, destinata probabilmente a chiudersi senza che nessuno ci rimetta il posto, procura uno sgomento ancora maggiore di un Pier Camillo Davigo, per esempio, passato in pochi giorni dalle stelle del magistrato severissimo, implacabile e altro ancora all’imbarazzo, credo, di un ex consigliere superiore della magistratura interrogato dalla Procura di Roma per fascicoli giudiziari di Milano passati anche per le sue mani su una presunta loggia massonica partecipata da giudici e capace di interferire in carriere, sentenze e quant’altro.

Se neppure negli affari semplici, come dovrebbero ritenersi quelli di un detenuto invalido e in condizioni così rovinosamente depressive da averlo portato alla morte, si riesce a venire a capo di nulla, come pensate che il cittadino comune possa o debba avere fiducia nella possibilità di venire a capo di un affaraccio come quello di cui Davigo è stato chiamato a parlare in una Procura come persona informata dei fatti? E non condividere piuttosto, tra tanti palleggiamenti di responsabilità e competenze per presunte mancate o scarse indagini, il sospetto di Piero Sansonetti sul Riformista che “così stanno affossando l’inchiesta sulla loggia Ungheria”, sembra dall’omonima piazza di Roma.

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