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Niger

Che cosa succederà in Niger e perché la Francia sbrocca

Le posizioni dei vari paesi sul Niger e le possibili evoluzioni della crisi. L'approfondimento di Analisi Difesa.

 

Il golpe militare in Niger del 26 luglio rischia di destabilizzare l’intera regione del Sahel mettendo in difficoltà in primis la Francia e a seguire l’Unione Europea. Parigi soprattutto vede in corso di cancellazione la sua influenza post-coloniale sulla “Françafrique”, minata dall’infausta guerra del 2011, voluta anche da Parigi, contro la Libia di Muammar Gheddafi.

LA REAZIONE DELL’ECOWAS

Le reazioni dei 15 paesi della ECOWAS/CEDEAO (Economic Community of West African States/Communauté économique des États de l’Afrique de l’Ouest), della Francia e della UE sono state immediate. Ugualmente molto preoccupati si sono detti gli Stati Uniti, che hanno un contingente di oltre 1.100 soldati, avendo fatto del Niger una base importante per il contrasto alle varie formazioni jihadiste purtroppo sempre attivissime nel Sahel.

Ad oggi nessuna azione di forza si è verificata dopo la scadenza dell’ultimatum dichiarato dalla ECOWAS/CEDEAO per dare modo alla giunta golpista di fare marcia indietro sulla rimozione del presidente Mohamed Bazoum.

COSA FA LA NIGERIA

Nelle prossime ore l’ECOWAS discuterà quali misure adottare e per ora la via del negoziato resta la favorita con l’invio a Niamey dell’ex emiro nigeriano della città settentrionale di Kano Sanusi Lamido Sanusi come negoziatore anche se lui stesso nega essere un emissario del governo di Abuja. “Siamo venuti sperando che il nostro arrivo apra la strada a discussioni reali tra i leader del Niger e quelli della Nigeria”, ha detto Sanusi.

CHI APPOGGIA IL NIGER

Il leader golpista Abdourahamane Tchiani, già comandante della Guardia Presidenziale, conosce gli avversari della giunta militare nigerina (era stato comandante di un battaglione della ECOWAS nel 2003 in Costa d’Avorio, che intervenne come forza di pacificazione dopo la firma del cessate-il-fuoco tra governo e forze ribelli) ed è consapevole che il Niger non è isolato.

Mali, Burkina Faso e Guinea appoggiano il golpe del 26 luglio mentre l’Algeria, colosso economico e militare, si oppone a un intervento militare: forte di questa consapevolezza e del ruolo cruciale di Russia, Turchia e Cina (potenze sempre più influenti in Africa), la giunta al potere a Niamey ha respinto “le ingerenze dei paesi occidentali” dopo aver intimato a Parigi il ritiro entro un mese dei 1.500 militari schierati in Niger.

COSA FA LA FRANCIA

Parigi ha risposto con durezza replicando che solo le «legittime autorità» del Niger possono cambiare i trattati bilaterali in vigore ma la giunta di Niamey ha denunciato la violazione dello spazio aereo nigerino da parte di un aereo da trasporto militare francese A400M decollati dal Ciad e accusato Parigi di aver liberato 14 miliziani jihadisti e di avere un “piano di destabilizzazione” del Niger.

COSA FANNO GLI STATI UNITI

Benché la visita del sottosegretario Victoria Nuland non abbia sortito alcun risultato la diplomazia statunitense sembra puntare ancora sul dialogo, forte anche del fatto che per ora i golpisti non hanno chiesto il ritiro delle truppe americane (né di quelle italiane e tedesche) in Niger, che restano acquartierate nelle loro basi.

COSA FA L’UNIONE EUROPEA

Gli europei sembrano invece apprestarsi a imporre sanzioni ai membri della giunta militare nigerina, come hanno riferito alla Reuters fonti della Ue secondo le quali la Commissione Europea ha avviato la discussione sui criteri per l’adozione delle misure. Per imporre le sanzioni è necessario l’accordo di tutti i 27 Stati membri dell’Unione ma è chiaro che l’adozione di simili misure porterebbe con ogni probabilità all’espulsione anche dei contingenti italiano e tedesco presenti in Niger.

L’impressione è che Ue ed ECOWAS intendano testare la compattezza della giunta militare puntando anche su contestazioni interne.

I POSSIBILI SVILUPPI DELLA CRISI IN NIGER

Gli sviluppi della crisi nigerina dipenderanno dalle opzioni attualmente sul tavolo.

  • Mantenere il negoziato aperto senza esasperare la crisi con la giunta di Niamey ridurrebbe il rischio di escalation e di un conflitto regionale che potrebbe destabilizzare tutta l’Africa Occidentale/Sahel ma rafforzerebbe la giunta golpista nigerina. Uno sviluppo probabilmente non accettabile per la Francia.
  • Limitare il contrasto al CNSP a sanzioni economiche sempre più forti eviterebbe un conflitto aperto, provocherebbe forse danni alla già debole economia nigerina anche se la vastità dei confini nigerini attraversati da tempo da traffici illegali potrebbe vanificare o ridurre l’impatto delle sanzioni. Di certo tali misure accentuerebbero la spaccatura all’interno dell’ECOWAS allontanando definitivamente il Niger dall’influenza occidentale.
  • Attuare un vasto intervento militare richiederebbe tempo e determinerebbe un conflitto di durata indefinita e fuori controllo, che potrebbe allargarsi ad altre nazioni e che favorirebbe i movimenti jihadisti attivi nella regione (nel 2022 il Niger ha subito 114 attacchi di matrice jihadista contro i circa 2mila di Mali e Burkina Faso). Occorrerebbe poi mettere a punto piani e attività d’intelligence, riunire e supportare logisticamente ingenti forze (molti più militari dei 7mila messi in campo dall’ECOWAS nel 2017 per l’intervento nel minuscolo Gambia) con mezzi terrestri e aerei per uno sforzo bellico dalla tempistica potenzialmente prolungata, con ampi costi finanziari e con la prospettiva di dover dispiegare truppe non solo a Niamey ma in tutto il Niger, grande oltre volte l’Italia. L’esercito nigeriano, che porterebbe il peso più rilevante in caso di interventi dell’ECOWAS, ha già molti impegni interni da affrontare contro i movimenti jihadisti (Boko Haram e i miliziani jihadisti dell’Islamic State West Africa Province legati allo Stato Islamico) e i separatisti del Biafra. Inoltre il successo militare contro la giunta militare del Niger non è scontato non solo per il supporto che verrebbe offerto da Mali e Burkina Faso ma anche perché la penetrazione di truppe nigeriane a Niamey non sarebbe gradito all’Algeria. Le truppe nigeriane e gli alleati di Costa d’Avorio e Senegal dovrebbero confrontarsi con le forze nigerine potenziate in questi anni dagli aiuti e dalle forniture occidentali, turche ed egiziane senza contare che un eventuale ruolo attivo delle forze francesi potrebbe venire interpretato in tutta l’Africa come un’operazione neo coloniale favorendo così la penetrazione (anche militare) russa, turca e cinese. Parigi dovrebbe poi tenere in conto il rischio che un’altra “campagna d’Africa” possa infiammare nuovamente l’insurrezione interna in molte banlieues che aprirebbe un rilevante fronte interno.
  • Condurre un’azione mirata a liberare Bazoum, con forze speciali presumibilmente francesi (già presenti a Niamey), determinerebbe in ogni caso uno stato di guerra che comprometterebbe i rapporti e gli interessi di Parigi e occidentali in Niger senza però garantire sviluppi negativi per la giunta militare di Niamey. Ogni azione militare contro il CNSP potrebbe inoltre offrire il destro per interventi esterni a sostegno dei golpisti come quello dei contractors russi della PMC Wagner. Il suo leader, Yevgeny Prigozhin, si è già reso disponibile a inviare i suoi uomini a Niamey anche se Mosca finora si è espressa a favore del ripristino del governo legittimo pur senza emettere condanne o minacciare sanzioni nei confronti della giunta golpista.
  • Puntare su un contro-golpe interno non offrirebbe attualmente garanzie di successo poiché non vi sono elementi che inducano a ritenere che ampie fasce della popolazione siano pronte a sollevarsi contro il CNSP né che una parte consistente delle forze militari e di sicurezza nigerine siano pronte a insorgere contro i golpisti.

(Estratto di un articolo di Analisi Difesa; qui la versione integrale)

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