I golpisti in Niger hanno sferrato un colpo letale alla strategia e agli interessi francesi in una delle aree più turbolente del mondo, ma baciate da risorse fondamentali come le miniere di uranio da cui la stessa Francia come l’intera Ue si approvvigionano per alimentare le proprie centrali nucleari. Un recente articolo di Bloomberg ha passato in rassegna i motivi per cui la Francia ora piange mentre un’altra potenza come la Russia si appresta a rimpiazzarla.
Débâcle francese?
Non sono passate che due settimane, sottolinea Bloomberg, da quando la Ministra degli Esteri francese Catherine Colonna era in visita a Niamey, capitale del Niger, dove aveva promesso novi aiuti finanziari a un Paese guidato da un Presidente filooccidentale come Mohamed Bazoum.
Oggi quello stesso Presidente è ostaggio della Guardia presidenziale che, capeggiata dal generale Abdourahamane Tiani, ha vanificato in un istante la strategia di Parigi.
Agli occhi della Francia, il Niger riveste un interesse preminente. Non ci sono solo i legami sociali e culturali tipicamente intrattenuti da un ex colonizzatore con la sua ex colonia. Il Paese ha assunto centralità da quando Parigi ha deciso di impiantarvi una base militare e di collocarvi ben 1.500 soldati con cui contrastare la duplice insorgenza jihadista di Al Qaeda e dello Stato islamico che imperversano in tutta la regione del Sahel.
Una centralità che non ha fatto altro che accentuarsi da quando i soldati francesi sono stati espulsi dal vicino Mali da una giunta golpista che ora si avvale dell’assistenza del gruppo Wagner.
Il Niger blocca le trasmissioni francesi
L’Unione europea ha condannato come “inaccettabile” la sospensione delle trasmissioni di France 24 e Radio France Internationale (RFI) in Niger e ha condannato “con forza” queste “violazioni delle libertà fondamentali”. RFI e il canale France 24 sono inaccessibili da ieri in Niger. “Questa misura è un grave attacco al diritto all’informazione e alla libertà di espressione”, ha dichiarato una portavoce della Commissione.
Il mal francese dell’Africa
Hanno fatto molto scalpore le manifestazioni antifrancesi dopo il golpe in Niger che hanno espresso il sostegno della piazza ai militari golpisti. Non si tratta affatto di un episodio isolato, ma del culmine di un’ondata di proteste antifrancesi che ha preso piede in tutte le ex colonie e in cui qualcuno sospetta la manina di Mosca.
Il risentimento dei popoli del Sahel verso una potenza che non ha lesinato uomini e risorse nel disperato tentativo di stabilizzare la regione è speculare alla simpatia di cui gode un’altra potenza come la Russia la cui aura antimperialista del passato sovietico ha resistito all’usura del tempo.
Sintomatiche appaiono ad esempio le dichiarazioni rilasciate a Bloomberg dall’ex Primo ministro del Mali, Moussa Mara, secondo il quale la Francia è diventata ormai il capro espiatorio di tutti i mali della regione, con i leader politici che soffiano sul fuoco del risentimento antifrancese anche per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai numerosi problemi che affliggono l‘area e dalla loro stessa cattiva governance. Sono gli stessi leader che ora preparano il terreno a una presenza russa considerata benefica e salvifica oltre che disinteressata.
Escludendo quello appena realizzato in Niger, l’Africa centrale è stata teatro dal 2020 in poi di sei colpi di stato riusciti: due a testa per Mali e Burkina Faso, uno in Guinea e uno in Chad. Arrivata su invito dei golpisti, la Wagner si è attestata in Mali da dove la sua presenza incombe e proietta la sua maligna influenza sul resto della regione.
Uranio, l’oro del Niger
C’è un motivo ben preciso dietro le fibrillazioni occidentali per il golpe in Niger: il Paese è il settimo produttore al mondo di uranio.
Come mostrano i dati della World Nuclear Association, nel 2022 il Niger ha estratto 2.020 tonnellate di uranio, pari al 5% del totale mondiale. La dipendenza dalle miniere di uranio del Niger è molto forte in Francia, dove il 10% dell’uranio utilizzato nelle centrali nucleari proviene da quel Paese.
Ma a livello comunitario la dipendenza da Niamey è ancor più marcata. È nigerino infatti il 24,2% dell’uranio importato dall’Ue nel 2021, con una quota superiore anche a quella di produttori storici come il Kazakistan (22.9%), l’Australia (15,5%) e il Canada.
Rischio conflagrazione
È comprensibile dunque l’allarme e la preoccupazione europea per la piega presa dagli eventi. La Francia ha in un primo tempo minacciato un intervento armato e si è anche impegnata a “sostenere tutte le iniziative regionali orientate a ripristinare l’ordine costituzionale” in Niger e a far tornare al suo posto il Presidente esautorato.
Dopo una riunione d’emergenza tenutasi domenica, il blocco dei Paesi dell’Africa occidentale (ECOWAS) ha lanciato un ultimatum con cui minaccia l’uso della forza se entro una settimana il Presidente Bazoum non sarà tornato nelle sue funzioni. L’ultimatum fa seguito a quello dell’Unione africana che ha invece dato due settimane di tempo ai golpisti per farsi da parte.
Spoke to Nigerien President Bazoum. I conveyed our continued unwavering support for the democratically elected President of Niger and the rule of law and democratic governance.
— Secretary Antony Blinken (@SecBlinken) August 2, 2023
Mentre gli Usa seguono a distanza lo sviluppo degli eventi esprimendo il proprio supporto al Presidente deposto, le giunte di Mali e Burkina Faso hanno minacciato di intervenire a sostegno del Niger in caso di uso della forza da parte di qualsiasi potenza straniera.
🇳🇪 #Niger – Map of regional reactions to Niger's coup, as of 1 August 2023.
ECOWAS threatens the putschists with a possible military intervention, while 🇲🇱 #Mali and 🇧🇫 #BurkinaFaso announced they would protect the junta. 🇬🇳 #Guinea disagrees with the sanctions. pic.twitter.com/N6aDN3kh8h
— Jules Duhamel (@julesdhl) August 1, 2023
Se invece non dovesse succedere nulla e la giunta golpista del Niger dovesse rimanere al suo posto, la Francia non potrebbe fare altro che, come sottolinea a Bloomberg Rym Momtaz, ricercatore dell’International Institute for Strategic Studies, gustare il sapore della disfatta per la sua un tempo irrinunciabile proiezione africana.