Nel dibattito avviato dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, sull’impiego in territorio russo delle armi fornite a Kyiv si distinguono nitide le posizioni contrarie, molto presenti soprattutto in Italia. Ma come ricorda Andrea Gilli, docente di Studi strategici all’Università di St Andrews in questa intervista a Start Magazine, il quadro muta e anche molto se spostiamo lo sguardo ad altri Paesi e membri Nato, che sembrano assecondare le posizioni del numero uno dell’Alleanza Atlantica.
Quella di Stoltenberg è una fuga in avanti o è il segnale che sul fronte occidentale sta cambiando qualcosa, come sembra dimostrare la Dichiarazione approvata lunedì dall’Assemblea Parlamentare Nato?
Il segretario generale della Nato ha il compito di favorire un consenso tra gli alleati e comunicarlo in pubblico. Nelle 72 ore successive alla sua intervista all’Economist, in cui si è chiesto se alcuni limiti posti all’Ucraina non debbano essere rivisti, si sono susseguiti una serie di dichiarazioni e impegni sostanzialmente allineati che si sommano ad altri emersi ancora prima.
Quali in particolare?
La Svezia ha affermato implicitamente di accettare l’uso delle proprie armi per colpire obiettivi all’interno dei confini russi, la Francia ha siglato un accordo per mandare propri addestratori in Ucraina, il primo ministro polacco ha rivelato che gli Stati Uniti avrebbero minacciato di distruggere tutte le forze russe in Ucraina nel caso di armi nucleari anche senza vittime, e poi la stessa Polonia ha affermato di essere pronta a mandare sue truppe nel Paese. Infine il Belgio ha donato i suoi F-16 alle forze di Kyiv. Quella di Stoltenberg non mi pare dunque una semplice fuga in avanti ma una constatazione che alcuni alleati hanno preso determinate decisioni – e la Nato né può fermarli né è formalmente obbligata ad essere coinvolta.
Quali sistemi verrebbero impiegati per colpire target in Russia?
Per colpire obiettivi oltre confine servono capacità di medio-lungo raggio: possono essere missili terra-terra, quali gli Atacms, aria-terra come gli Storm Shadow, o artiglieria a medio-raggio come gli Himars.
C’è il rischio escalation, ossia di provocare una risposta anche nucleare da parte della Russia?
La Russia minaccia un’escalation dal primo giorno, da quando si è parlato di imporre sanzioni. È evidentemente un’arma retorica per creare preoccupazione nei Paesi occidentali e così interrompere il sostegno a Kyiv. La Russia in realtà avrebbe compiuto dei sabotaggi in più Paesi occidentali, segnale che sono più loro ad avere paura di un’escalation.
Se la linea della Nato e degli Usa dovesse effettivamente mutare, il nostro governo secondo lei che posizione dovrebbe assumere?
Il tratto positivo e negativo della Nato è che non può imporre posizioni o politiche ai suoi membri. Se ciò significa che quindi è a volte difficile ottenere un consenso, dall’altra parte nessun Paese è obbligato su alcuni temi. Immagino che il governo italiano farà le sue valutazioni, che si baseranno tanto sul supporto all’Ucraina quanto sulle sue possibilità e sensibilità.