In Ucraina si festeggia il Natale cristiano, in dissenso con la Chiesa ortodossa.
Questo bimbo ha perso entrambi i genitori sotto le bombe e vive con i nonni in cantina, a Slavyansk. Sullo sfondo gli arredi e le scorte alimentari.
Qualcuno gli ha portato un dono, forse oggi, forse il giorno di San Nicola.
La gioia è nei suoi occhi. Un sorriso più grande del viso per tre succhi di frutta e un album delle cornicette. Nelle sue scarpe, la sua vita. Buon Natale anche a lui.
Dovremmo far girare questa foto e il target dei destinatari si preannuncia numeroso: ci sono i pacifinti dell’uno-vale-uno, i teorici della “Russia ha fatto bene perché era accerchiata dalla NATO”, chi ha scritto che “con o senza pistola alla tempia tra Putin e Zelensky sceglie di stare con Putin”, fino a chi ha dichiarato che “Putin voleva sostituire Zelensky con della gente per bene”, o a chi lo ha definito “figlio di puttana dell’Occidente”, per finire con il capo della Chiesa Ortodossa che predica di dare la vita per la patria pur di estirpare la mala pianta ucraina, perché il premio è andare in cielo, chi ha ucciso i civili, li ha seppelliti nelle fosse comuni, ha evirato gli uomini, stuprato le donne, trafugato i bambini, estirpato agli anziani i denti d’oro, bombardando senza pietà e senza tregua città e villaggi dove chi è sopravvissuto non ha gas né energia elettrica, né acqua , né cibo. Dove si resta dimenticati dalla vita e abbandonati dalla morte.
La lista dei destinatari è infinita e comprende gli indifferenti e gli ignavi, la peggiore categoria della stirpe umana.
Guardiamola questa foto, insieme a tutte quelle che ci raccontano la devastazione di un popolo e di una nazione e facciamoci un pensierino anche noi: questa è infanzia rubata, questi sono crimini di guerra, queste sono atrocità che ci impediscono di voltarci dall’altra parte… se vogliamo essere chiamati persone civili.
Soprattutto in questi giorni del Santo Natale e del valore che ha per noi che ci diciamo cristiani.