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Giorgetti

Natale in casa Draghi

Super Green Pass e Natale normale secondo Draghi visti dai giornali

 

Dal “Natale in casa Cupiello” dell’indimenticabile Eduardo De Filippo al “Natale normale” appena promesso, anzi auguratoci, da Mario Draghi dopo avere fatto varare dal Consiglio dei Ministri “all’unanimità” – come ha tenuto giustamente a sottolineare con un mezzo sorriso di sarcastica soddisfazione – le misure che renderanno un po’ più difficile la vita, e la loro pretesa di rovinarci le feste, ai cosiddetti no-vax. Sarebbero gli “otto milioni” di italiani – contati quasi uno per uno da Maurizio Belpietro sulla prima pagina della sua Verità – che il presidente del Consiglio avrebbe deciso di “segregare”, per fortuna senza mandarli in qualche campo di concentramento già evocato ripetutamente in piazza dai manifestanti accostando il viso di Draghi a quello di Hitler, o bruciandone le foto come una volta si faceva con le bandiere degli Stati Uniti.

Pensate se solo il 2 per cento di questi presunti otto milioni di ancor più presunti perseguitati – per stare alla percentuale elettorale con la quale il povero Matteo Renzi viene dileggiato proprio da Belpietro, che ancora non gli perdona forse di avergli fatto perdere la direzione di Libero quando stava a Palazzo Chigi – decidesse di preferire La Verità dello stesso Belpietro nelle edicole persino al Fatto Quotidiano di Marco Travaglio. Che proprio oggi li ha corteggiati gridando contro “il Natale” che “non sarà più uguale per tutti”. Sarebbe per l’ex direttore anche del Giornale l’affare editoriale del secolo. Ma credo che non avverrà.

L’aria che tira nel Paese l’ha fiutata bene, o meglio, Matteo Salvini prima facendo approvare dai suoi ministri il cosiddetto “super green pass” e poi cercando di prenderne le distanze nella comica posizione in cui l’ha immaginato e proposto ai lettori Stefano Rolli nella vignetta di prima pagina del Secolo XIX. Dove l’ex ministro dell’Interno si è lasciato imbavagliare e serrare a doppia mandata di fune, diciamo così, non tanto dal presidente del Consiglio, che continua ogni tanto a riceverlo, quanto dai “governatori” regionali di un movimento che paradossalmente si chiama proprio Lega.

Naturalmente, per quel che vale la mia modestissima opinione, accetto e ricambio volentieri a Draghi gli auguri di un Natale “normale”. Che – chissà perché – in un eccesso non so se più di laicismo, vero o presunto che sia, o di scettica indifferenza, Vittorio Feltri ha voluto deridere in un salotto televisivo dicendo che del Natale, appunto, non gliene “frega niente”, pur avendo condiviso, bontà sua, le misure predisposte da Draghi. “La giusta scelta di campo”, ha titolato la Repubblica di carta. “La vittoria del pragmatismo”, le ha fatto eco La Stampa. Una mezza prenotazione del Colle, penserà qualche retroscenista malizioso che, a torto o a ragione, si è fidato di quel barista dei Parioli, quasi sotto casa del presidente del Consiglio, che ha recentemente rivelato di aver sentito prevedere per il marito dalla signora Serenella Draghi un trasferimento da Palazzo Chigi al Quirinale.

Nel frattempo però la corsa alla successione a Sergio Mattarella si è affollata di aspiranti, furbi o ingenui che siano, palesi o occulti, pregiudicati o incensurati come preferirebbe distinguerli il solito Travaglio, sempre più ossessionato – mi pare – dalla paura che ad essere favoriti dalle bizzarrie della politica finiscano per essere i primi.

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