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Extraterrestri

Mistero Bic

La targa commemorativa sulla casa di Torino dove nacque l’imprenditore Marcel Bich - quello delle penne a sfera “Bic” - recita “Semplificò la quotidianità della scrittura”. Trascura di citare la semplificazione della rasatura e dell’accensione delle sigarette

Marcel Bich, Baron Bich — il fondatore della quasi omonima impresa francese “Bic”, quella delle biro e degli accendini — nacque italiano, al numero 60 di corso Re Umberto a Torino, nel 1914. La famiglia era di Châtillon, in Valle d’Aosta. Fu naturalizzato francese nel 1930. Il titolo baronale però era italiano, conferito al suo bisnonno da Carlo Alberto di Savoia. Marcel Bich è morto nel 1994 a Parigi, ma non prima di aver inventato l’usa e getta. Divenne noto dopo la Seconda guerra mondiale per avere perfezionato e lanciato la penna a sfera, avendone acquistato il brevetto dall’inventore ungherese László József Bíró nel 1945 per due milioni di dollari.

Cinque anni dopo, nel 1950, lanciò la sua di biro, la Bic Cristal. Fu un successo enorme che relegò le stilografiche di una volta a un ruolo essenzialmente cerimoniale, per firmare documenti importanti o come regalo d’addio a un pensionando. Ancora oggi la Bic Cristal, essenzialmente la stessa disegnata alla metà del secolo scorso, domina il mercato. La centomiliardesima Cristal sarebbe stata venduta nel 2005. Allora l’azienda disse che, messe in fila, le sue penne avrebbero coperto 40 volte la distanza tra la Terra e la Luna. Poi vennero gli accendini. Il primo accendino usa e getta fu il Cricket, lanciato negli Usa dalla Gillette nel 1972. Bic arrivò solo l’anno dopo, facendo uscire la sua versione nel 1973. Pur partendo in ritardo, vinse la gara.

La società oggi dichiara di venderne quotidianamente oltre 3,9 milioni — all’incirca il 38% delle sue vendite nette totali, superando l’incidenza sui conti delle penne a sfera (35%). Arrivarono infine i rasoi, lanciati alla metà degli anni ‘70. Nel 2020 hanno generato il 25% delle vendite nette dell’azienda francese, che ne commercializza 6,7 milioni di pezzi al giorno. Secondo la Bic, ognuno di questi sarebbe riutilizzabile “fino a” 17 rasature — una prospettiva abbastanza allarmante. Tre prodotti semplici, funzionali e dal costo unitario basso, tutti e tre successi straordinari. La politica del “economico ed efficace” però non ha sempre funzionato. Ci sono anche i disastri di cui la Società, comprensibilmente, parla poco: i piccoli atomizzatori per profumi “vuoti a perdere” e la lingerie da indossare e cestinare. Disastri comunque superabili senza troppo dolore di fronte ai bilanci di un’impresa che viaggia su un fatturato annuo che ha toccato i €1,63 miliardi nel 2020. I profumi e l’intimo “monouso” avevano almeno dei punti di contatto con l’evidente strategia aziendale. È meno spiegabile un’iniziativa del 1981— la Bic Sport — per la produzione e commercializzazione di tavole da windsurf, ceduta poi qualche anno fa a una società estone. Il vero mistero però non è la puntata sugli sport acquatici: è un altro.

La Bic, come abbiamo visto, ha praticamente inventato il molto vituperato concetto di usa e getta. Ci campa tuttora, alla grande. Dove sono gli ecologisti, gli “eco-warriors” più scalmanati? Non se ne sono accorti? Forse è perché si tratta di un’azienda francese? La Francia è notoriamente un paese resistente a ciò che etichetta come “mode e fesserie” anglosassoni…

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