Due decisioni, l’una opposta dell’altra, rivelano quanto il tema dell’immigrazione sia di prevalente pertinenza politica e non giudiziaria o amministrativa. Nel primo verdetto le commissioni prefettizie preposte avevano respinto tutte le richieste di asilo presentate da 12 migranti provenienti dall’Egitto e dal Bangladesh. Nella seconda, invece, i giudici della sezione apposita del tribunale di Roma non hanno convalidato il trattenimento dei 12 richiedenti nel frattempo trasportati in Albania, e che dall’Albania dovranno subito rientrare in Italia. E chi se ne importa del denaro pubblico speso nell’andirivieni, oltre che dell’incertezza del destino per i non asilanti, che dovranno intanto permanere nel territorio nazionale.
Chi se ne importa del diritto che diventa una fisarmonica tra governo che propone o decreta provvedimenti di legge, Parlamento che li converte in testi definitivi della Repubblica e magistrati che sembrano “interpretare” le norme nazionali ed europee, come accusa il centrodestra, anziché applicarle secondo la classica divisione dei poteri.
L’esito dell’indietro tutta è uno scontro istituzionale dall’inevitabile risvolto ideologico, come conferma il contemporaneo processo in corso a Palermo contro l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Rischia 6 anni di carcere per un’accusa che a Catania in un’analoga vicenda il Gup (giudice udienza preliminare) aveva invece archiviato. Cioè d’aver Salvini sequestrato, nell’esercizio delle sue funzioni nel governo-Conte del 2019, 147 migranti, avendoli tenuti per 19 giorni in nave -“Open Arms”- al largo di Lampedusa. Tutti sempre assistiti dalle nostre autorità (e poi sbarcati sani e salvi).
S’infiamma, dunque, il conflitto sulla politica migratoria, che aveva il suo caposaldo nel centro in Albania voluto dal governo e per ora invalidato dalla magistratura (“ricorreremo fino in Cassazione”, annuncia il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi).
Secondo i giudici, che citano la Corte di giustizia europea, quei 12 migranti proverrebbero da Paesi non sicuri e mancherebbe il titolo per poterli trattenere in Albania.
Risponde una furibonda presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “Difficile dare risposte alla Nazione se si ha contro una parte delle istituzioni”.
Poi sottolinea che non spetta ai magistrati decidere quali siano i Paesi sicuri. E annuncia un Consiglio dei ministri per rinsaldare la legislazione contro l’“immigrazione illegale”, come dice.
“Il governo si fermi”, replica Elly Schlein, che parla di “risorse buttate” in Albania. Le opposizioni di sinistra sollecitano l’Ue ad aprire una procedura di infrazione contro l’Italia. Scelta che fa insorgere la maggioranza: “Una vergogna”.
La veemente polemica testimonia che in ballo c’è ben oltre del caso giuridico dei 12 immigrati. C’è un tema politico che più politico non si può: come affrontare il fenomeno migratorio all’insegna del diritto italiano ed europeo. Diritto che è frutto del legislatore.
(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)
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