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Gli slalom di Meloni fra Salvini, Tajani, Metsola e von der Leyen

Come si muove Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. I Graffi di Damato

Mica male lo spettacolo tutto politico di ieri a Palazzo Chigi sotto le stelle, pur non visibili di giorno, dell’Unione Europea. La premier Giorgia Meloni prima di ricevere con tutti gli onori dovuti l’ormai amica presidente della Commissione di Bruxelles Ursula von der Leyen – e il riconoscimento di essere “una donna molto forte”, che quando parla nelle sedi comunitarie dimostra che “l’Italia conta”, tanto da essere ormai “al centro del dibattito europeo sia sull’immigrazione, sia sui finanziamenti, sia sui piani digitali, climatico e sociale” – ha convocato il leader leghista Matteo Salvini. Lo ha fatto, pur con l’aria di invitarlo a un incontro fra amici e alleati, con tanto di sorrisi e carinerie reciproche davanti ai fotografi, per chiedergli in pratica di darsi una regolata. Un incontro “forse anche franco”, ha scritto Marco Galluzzo sul Corriere della Sera.

Gli obiettivi dei due in Europa sono diventati diversi, anche per le esigenze di questa lunga campagna elettorale che si concluderà solo a giugno per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo. Salvini coltiva – o mostra di coltivare – il sogno di una maggioranza di centrodestra. o di destra-centro, anche nell’Unione, come in Italia dall’autunno dell’anno scorso, senza socialisti o simili fra i piedi. La Meloni, incoraggiata così pubblicamente e chiaramente da Metsola, che è stata già ricandidata alla presidenza dell’Europarlamento dall’amico e collega del Partito Popolare Europeo Antonio Tajani, segretario di Forza Italia oltre che vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, si è proposta un obiettivo apparentemente più limitato. Che è quello -ha detto più volte e ripetuto anche ieri fuori da Palazzo Chigi- di partecipare a “istituzioni europee in cui l’Italia conti molto di più”, anche rispetto a quello che le ha già riconosciuto Metsola.

Immaginare che a questo obiettivo più limitato di quello che lui persegua fra Pontida, Firenze ed altre località o piazze dove forse continuerà a presentarsi prima di giugno con i suoi amici di estrema destra preferiti in Europa, Salvini voglia o possa preferire l’anno prossimo, a campagna elettorale terminata, anzi a campagne elettorali terminate, al plurale, una rottura con la Meloni in Italia e una conseguente crisi di governo significa vivere nella irrealtà. Anche se già provata da Salvini nell’estate del 2019, all’indomani delle precedenti elezioni europee, bevendo mojto e altre bevande sulle spiagge adriatiche, reclamando pieni poteri e scommettendo su elezioni anticipate solo perché gliele aveva fatte intravvedere dall’opposizione l’allora segretario del Pd Nicola Zingaretti. Che poi si allineò alle piroette giallorosse di Matteo Renzi senza peraltro riuscire neppure a trattenerlo sulla strada della scissione. Uno scenario, quello, che a ricordarlo deve essere diventato un incubo per il leader leghista di fronte al modellino, o sotto l’arcata immaginaria del suo ponte sullo stretto di Messina.

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