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Perché Meloni e Salvini bisticciano su Russia e guerra

Governo Fisco Natalità Giorgetti

La polemica Salvini-Meloni pone una questione seria e dirimente: chi sta con chi e quale mondo la politica nazionale voglia costruire dopo la prova terribile della guerra con tutte le sue conseguenze. Il taccuino di Federico Guiglia

 

In bilico il viaggio di Matteo Salvini a Mosca esattamente come il rapporto politico con Giorgia Meloni a Roma. Quelle “crepe” che la leader di Fratelli d’Italia invitava il capo della Lega a non aprire con iniziative di politica estera a danno dell’Occidente e dell’interesse nazionale, si stanno invece insinuando all’interno del centrodestra.

Salvini ha preso molto male il consiglio della sua potenziale alleata -ma soprattutto antagonista- alle elezioni della primavera 2023, associandola “al coro di sottofondo di Letta, Meloni, Renzi, Calenda e degli intellettuali radical-chic che preferiscono le armi e il conflitto”. Mentre lui, Salvini, per la pace è “disposto a tutto e a incontrare tutti”.

Non dunque una diversa opinione, ma un attacco è quello che il capo leghista considera di aver ricevuto dalla leader destinata a fare campagna elettorale con lui e con Silvio Berlusconi.

Al di là dei toni e del manicheismo fra guerra e pace (dell’intero arco politico non c’è leader che non desideri la fine del conflitto), la polemica Salvini/Meloni pone una questione seria e dirimente: chi sta con chi e quale mondo la politica nazionale voglia costruire dopo la prova terribile della guerra con tutte le sue conseguenze. Il gas per l’Italia e il pane per l’Africa, i rifugiati per l’Europa e i crimini contro l’umanità compiuti in Ucraina dalle truppe di Putin.

Il ruolo dell’Italia e la sua scelta di campo, europea e atlantica, diventeranno un tema prioritario della campagna elettorale e comunque delle scelte istituzionali e internazionali dei partiti.

Ecco perché le posizioni al momento incompatibili fra Salvini e Meloni su questo tema possono avere effetti ben più pesanti delle divisioni già registrate nel centrodestra sul governo Draghi (Lega e Forza Italia dentro, Fdi fuori), sulle strategie seguite dall’esecutivo contro la pandemia o sui 5 referendum in arrivo riguardanti la giustizia: Salvini è per 5 sì, Meloni per almeno 2 no.

Del resto, lo stesso problema nazionale si rispecchia a sinistra, dove la ferma collocazione euro-atlantica di Enrico Letta sull’Ucraina e il convinto sostegno a Draghi sono distinti e distanti dalle posizione di Giuseppe Conte. Pd e M5S: anche per loro arriverà l’ora della scelta elettorale. Ma intanto è già arrivata per il centrodestra.

 

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi

www.federicoguiglia.com

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