Poteva e doveva essere una buona, anzi eccellente giornata di Giorgia Meloni per una notizia proveniente da Berlino sull’avvicinamento di Raffaele Fitto alla carica di vice presidente della nuova Commissione dell’Unione. Ma la premier è rimasta ieri “ostaggio”, come ha gridato forse non a torto Repubblica, del caso Boccia, inteso come Maria Rosaria Boccia, di Pompei, ex o mancata consigliera del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Che ha dovuto rinunciare ad un decreto di nomina già firmato per l’opposizione non si è ancora capito bene come motivata e incontrata negli uffici del suo stesso dicastero, fra le proteste ed altre imbarazzanti reazioni dell’interessata, stracolma di documentazioni fotografiche e di posta elettronica del lavoro svolto.
Dopo 90 minuti trascorsi a Palazzo Chigi nell’ufficio della Meloni, non per ripararsi da un temporale caduto su Roma ma per documentare con gli scontrini della sua carta di credito l’assicurazione fornita il giorno prima di avere pagato personalmente le spese della Boccia, senza un soldo pubblico, Sangiuliano ne è uscito in carica come prima. La notizia, riportata dal Giornale nel titolo addirittura di apertura, è stata quella del ministro che “non si dimette”. E non è stato invece dimesso, come reclamavano e continuano a reclamare le opposizioni predisponendosi anche ad una mozione parlamentare di sfiducia personale.
Solo l’Unità di Piero Sansonetti, giocando nella successione con i nomi dei protagonisti della vicenda, ha potuto titolare su fondo rigorosamente nero: “Meloni Boccia Sangiuliano”.
A bocciare Sangiuliano, ma in fondo anche la Meloni, è stata invece sulla Stampa una giornalista che conosce entrambi, Flavia Perina, essendo stata a suo tempo direttrice del giornale ufficiale della destra missina Il Secolo d’Italia. “L’egemonia culturale da rivoluzione a farsa”, è il titolo del commento di Perina.
Sul Secolo XIX il ministro non dimissionato della Cultura è impietosamente finito, in una vignetta di Stefano Rolli, fra i calchi delle vittime della Pompei distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo. E risorta con gli scavi come un Monumento dell’antichità fra i più visitati nel mondo.
Oltre alla insospettabile e già citata ex direttrice del Secolo d’Italia sulla Stampa, ha usato parole assai critiche per la vicenda Boccia, prendendosela in particolare con la premier, Stefano Cappellini su Repubblica. “In Meloni -ha scritto- prevale sempre l’istinto difensivo della tribù, maturato in anni e anni di militanza catacombale nella destra missina: il mondo contro di noi, noi contro il mondo. Non è un’attitudine che porta bene e lontano, e infatti in origine non serviva a questo, serviva solo a giustificare la propria marginalità politica e a darle una verniciata di finto eroismo”.