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Meloni

Meloni, Giambruno e i misteri di Mediaset

Parolone, paroline e spifferi sul caso Giambruno-Mediaset. I Graffi di Damato

Grazie ad Antonio Ricci, alla sua Striscia la notizia di Mediaset e all’esibizionismo sconsiderato dell’ex compagno Andrea Giambruno, ora soltanto padre di sua figlia Ginevra, che non è poco, Gorgia Meloni può anche fare a meno di andare alle feste di partito e di governo, appena entrato nel suo secondo anno di vita, per conservare e aumentare il consenso. Non ci sono ancora sondaggi veri e propri, ma Il Giornale ha già lavorato sulle interazioni di Facebook, come le ha chiamate, per sostenere che nel giro di un paio di giorni i giudizi sulla Meloni si sono rovesciati. Un inedito negativo del 59,3 per cento è diventato un verde positivo del 57,4.

Sotto questo profilo non solo la Meloni, affacciatasi in video ieri al Brancaccio, ma tutto il clan dei suoi familiari e intimi dovrebbe ringraziare Ricci, che probabilmente aspetta al telefono, e tutta intera quell’azienda complessa e singolare che è Mediaset. Dove può accadere che un dipendente, nominato sul campo “imperatore dei rompicoglioni” da un Fedele Confalonieri tanto fuori dalla grazia di Dio da parlare solo in dialetto milanese stretto per dirgli tutto il resto, conti più dei proprietari, amministratori, dirigenti e via dicendo. E possa mettere nel suo frigorifero bustine di fuorionda imbarazzanti da prelevare e adoperare quando gli pare e piace, fregandosene altamente di tutti i guai, e simili, che può provocare.

Il deputato Giovanni Donzelli, un fratello d’Italia coetaneo della Meloni, già noto per una certa quale ribalderia mediatica e parlamentare, dal teatro romano dove è stata metaforicamente spenta la prima candelina del governo ha annunciato “nessun riguardo per Mediaset”. Che invece di riguardi ha bisogno dal governo di turno per quella cosa complicata che si chiama “conflitto d’interessi”. E di cui la buonanima del fondatore Silvio Berlusconi non volle liberarsi neppure quando Rupert Murdoch gli fece proposte di acquisto del Biscione a prezzi stratosferici, come ancora gli rimprovera alla memoria l’ex alleato Pier Ferdinando Casini, ora senatore quasi di diritto o a vita del Pd.

Certo, Donzelli non è un ayatollah. E il suo annuncio non ha la carica micidiale della minaccia dell’Iran di colpire persino direttamente Israele, che è pronta con gli americani a rispondere. Per fortuna le torri di Mediaset sono a Milano e non nella Striscia di Gaza. Ha avuto ragione Il Foglio a dare una versione minimalista dell’annuncio del deputato meloniano titolando su Donzelli che “punzecchia Mediaset”. Dove chissà in quanti sono all’opera dietro le quinte per rimediare all’accaduto. A cominciare probabilmente dal povero Antonio Tajani, che si gioca in questa partita anche la leadership, guida, gestione, chiamatela come volete, del partito che fu fondato da Berlusconi, come le altre sue aziende, e vive appeso ai cento milioni di euro di debito che esso ha con gli eredi: un peso che potrebbe in qualsiasi momento schiacciare il vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri.

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