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Banchieri Brexit

May ostaggio dei Comuni e la rivincita di Westminster. Le ultime su Brexit e dintorni

Il Punto di Daniele Meloni su Brexit e dintorni

Non è una inversione a “u”, ma poco ci manca. Theresa May ha rinunciato a portare il suo Brexit Deal Alla Camera dei Comuni, domani, ammettendo in aula che, al momento non ha la maggioranza per la sua approvazione. Le cose si complicano per il Primo Ministro britannico che volerà a Bruxelles nei prossimi giorni, con la convinzione di spuntare un accordo migliore e salvare il suo governo.

Irlanda del Nord. Il problema del “backstop”, la “rete di protezione” al confine tra le due Irlanda – che vedrebbe l’Irlanda del Nord fare comunque parte del Mercato Comune e il Regno Unito parte dell’Unione Doganale – si rivela lo scoglio più duro per May. Ne va dell’integrità territoriale dello UK, un punto cruciale sia per i brexiteers, sia per gli alleati di governo del DUP, il partito democratico dell’Ulster, senza il cui apporto i conservatori non avrebbero la maggioranza ai Comuni.

“What Parliament doth no authority upon earth can undo”. Principio base della Costituzione – non scritta – britannica: “Quello che fa il Parlamento, nessuna autorità terrena può disfare”. Downing Street non ha ancora stabilito quando ci sarà il voto sul Brexit Deal, nonostante lo speaker della Camera, Bercow, abbia chiesto al governo di mettere al voto il rinvio della votazione. Si tratta di una rinnovata centralità del Parlamento più antico del mondo: ore e ore di discussione in aula sulla brexit, gli emendamenti e le mozioni allegate, e, settimana scorsa, anche la soddisfazione di esprimere il “contempt” al governo per la mancata pubblicazione del parere dell’avvocatura dello stato sull’accordo. Si rafforza il luogo in cui sono rappresentati tutti i cittadini britannici: se il XXI° secolo sembrava quello del potere esecutivo, da Oltremanica il messaggio è che il legislativo è ancora vivo e vegeto.

Futuro. Difficile capire cosa otterrà May da Bruxelles e, di conseguenza, anche capire se il Withdrawal Bill sarà approvato o si andrà verso un’uscita del Regno Unito dall’Unione senza accordo oppure altro. L’ipotesi di un nuovo referendum sembra ancora lontana, ma non del tutto da scartare. Il leader laburista Corbyn ha invitato May alle dimissioni parlando di “caos totale nel governo”. Il Labour punta a un governo di minoranza per portare a casa la Brexit, anche se Corbyn non ha neppure rifiutato in pieno l’idea di svolgere un nuovo referendum. Una tattica che spera gli dia qualche frutto in un futuro prossimo.

Una remainer per la Brexit. La contraddizione di fondo rimane quella dell’esito di un referendum consultivo chiaro – Brexit ha ottenuto 1,7 milioni di voti in più di “remain” – ma senza specificare le modalità sul come realizzare la richiesta dei cittadini britannici. Da quando sono iniziate le trattative con Bruxelles, i brexiteers non hanno accettato nessun compromesso sulla Brexit, né i parlamentari europeisti hanno mai accettato il risultato del referendum. Nessuno dei due schieramenti ha però una maggioranza – nemmeno trasversale – ai Comuni. Ma senza convincere una larga fetta di entrambe le ali più radicali del Parlamento sul tema, May non ha speranze di fare approvare il deal. Paradossale anche la sua posizione: dalla parte del remain, ma defilata, durante la campagna referendaria del 2016, è diventata premier per realizzare una brexit che ha avversato. “Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte”. Così disse Porzia nel “Mercante di Venezia” del Grande Bardo, William Shakespeare.

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