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Ma perché Salvini vuole dare il premio Sakharov a Elon Musk?

Le piattaforme di social media come X sono solo in parte strumenti di libertà. Che c'azzecca dunque Elon Musk con Nelson Mandela o Aleksei Navalny? L'intervento di Marco Mayer.

 

Con due post su X (il fu Twitter), uno in italiano ed uno in inglese, ieri Matteo Salvini ha annunciato che il gruppo “Identità e Democrazia” al Parlamento Europeo ha candidato il celebre imprenditore sudafricano Elon Musk per il prestigioso premio Sakharov.

La domanda da rivolgere a Salvini è molto semplice: perché dare il premio Sakharov al nuovo proprietario di Twitter? Porrei la stessa domanda se Salvini avesse candidato Mark Zuckerberg, che ha il controllo di Meta (Facebook, WhatsApp e Instagram).

Che c’azzecca Elon Musk con Nelson Mandela, Alexander Dubcek o Aleksei Navalny, per citare alcune delle personalità a cui negli anni scorsi è stato assegnato il premio per la loro lotta per la libertà?

Le piattaforme di social media sono peraltro solo in parte strumenti di libertà. Certo, non parliamo della cinese WeChat (Tencent) che è l’ espressione massima della sorveglianza di massa e del totalitarismo digitale del regime di Pechino. Ma anche dalle nostre parti il discorso è quantomeno ambivalente. Oltre a consentire – a differenza che in Cina – la libertà di espressione senza censura, i colossi digitali (X di Musk compreso) utilizzano i nostri dati per sofisticate tecniche personalizzate di marketing, per lanciare messaggi subliminali e manipolatori. Per non parlare dell’effetto dipendenza in milioni di utenti (la famosa digital addiction).

Talora sono stati anche protagonisti gravi lesioni alle libertà politiche come nel famoso caso “Cambridge Analytica” di Steve Bannon in collaborazione con Facebook.

Non se Matteo Salvini troverà il tempo di rispondere alla domanda che ho posto ai lettori di Startmag. Certo la sua scelta appare ancora più strana se si pensa che la maggioranza dei gruppi al Parlamento europeo ha pensato di assegnare il premio Sakharov alla memoria di Mahsa Amini, morta perché un piccolo ciuffo di capelli le usciva dal velo. Un anno fa Mahsa Amini è stata l’ennesima vittima della polizia religiosa iraniana che in alcune occasioni è riuscita a superare gli atti efferati che hanno caratterizzato i periodi più bui della Santa Inquisizione.

Non so quali impegni abbia preso con Elon Musk, ma nei panni di Salvini non farei mancare l’appoggio al ricordo di Mahsa Amini come concreto segno di solidarietà al movimento delle donne iraniane e alle loro parole d’ordine: donna, vita, libertà.

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