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Le ossessioni mediatiche contro Salvini

Perché Salvini non piace alla gente che piace ai giornali? La nota di Paola Sacchi.

Matteo Salvini può piacere o meno, come tutti i politici. Evviva la democrazia e la libera scelta. Ma forse un giorno, più che le categorie della politica, bisognerà scomodare uno speciale psichiatra, uno davvero bravo, per capire quali sono le reali pulsioni di quel tentativo di reiterata operazione di character assassination, ovvero lo screditamento di un persona, che certa sinistra mediatica e politica persegue, peraltro con scarso successo, ormai da anni nei confronti del leader della Lega. Ovvero, colui che è stato prima vicepremier e ministro dell’Interno (mandato a processo per una decisione politica – che piaccia o meno, ma sempre decisione politica – da Pd, 5 Stelle e Terzo polo, cosiddetto garantista), e ora è sempre vicepremier, oltre che ministro delle Infrastrutture e Trasporti.

Sfottuto e denigrato oltre misura per il “famigerato” Papeete, fino a coinvolgere persino il figlio minorenne in quegli scomposti attacchi mediatici, reo di non essere andato in spiaggia con lo smoking, accusato di aver tenuto lì un discorso invece tenuto a Pescara; preso a gavettoni d’acqua il giorno di Ferragosto, con tanto di sinistri e inquietanti sfottò non solo per lui, ma soprattutto per l’istituzione ministero dell’Interno che veniva quel giorno celebrata (come da tradizione del Viminale) in una visita al Sud, dedicata a terre difficili, sfottò senza che nessuno abbia posto un alt, se non altro a difesa della massima istituzione preposta alla sicurezza nazionale, ecco, ora Salvini è oggetto di un salto di “qualità” nell’attacco. Non è più solo uno scrittore (Roberto Saviano), da sempre a lui avverso, a dargli di nuovo del ministro della “Mala Vita”, ma addirittura scende in campo un esponente politico del maggior partito di opposizione, il Pd, Giuseppe Provenzano, della segreteria dem, un parlamentare, quindi rappresentante delle istituzioni, per accusarlo di essere “il mandante” politico del caso Saviano in Rai.

Salvini ha reagito fermamente: “Dopo essermi preso del ‘ministro della Mala Vita’, da sinistra insistono con dichiarazioni deliranti: ‘Salvini mandante’, ‘da Salvini segnali molto preoccupanti sul fronte della lotta alla mafia’… . Ma come si permette questo ‘signore’?! Vergogna. Querela subito, e poi vediamo se ci riprovano”. Lo ha scritto su Instagram, postando una card. Pronta la replica di Provenzano: “Se avesse, non dico il coraggio, ma il senso delle istituzioni di venire in Parlamento a discutere di lotta alla mafia, le potrei elencare ad una ad una tutte le ragioni – così in riferimento alle accuse di Salvini – pronto a farlo anche in Tribunale, comunque, ministro. E si ricordi che governa, non comanda.” Provenzano poi va alla carica sul Codice degli Appalti e i “rischi di illegalità”.

Moniti, accuse, dunque, rincarati per il vicepremier e ministro del Mit. Che, peraltro, forse lo si dimentica, è stato delfino, designato a leader della Lega vari anni fa da quel Roberto (Bobo) Maroni che da ministro dell’Interno nei governi Berlusconi batté il record di arresti e confische di beni finiti in mano a mafia e camorra. Già, ma ora potrebbe intervenire la ormai vecchia e logora narrazione di certa sinistra che fa distinguo tra Lega “buona” e Lega “cattiva”, anzi, “truce”, “trucissima”, dal coltello tra i denti, come Salvini fu persino raffigurato in qualche meme sui social. Già, la Lega della “bestia”, ignorando o facendo finta di non sapere che proprio quel nome venne dato dal team di Obama alla sua, allora nuova, campagna elettorale web.

La “bestia” salviniana poteva piacere o meno sul piano politico, resta il fatto che il suo autore Luca Morisi, per usare lo stesso termine, è stato letteralmente “bestializzato”, anche da cosiddetti garantisti chic sui giornali, per vicende private, che con la politica non avevano nulla a che vedere. Il suo caso è stato peraltro archiviato. Ma Morisi, brutalmente lapidato, come a prescindere, ha preferito uscire di scena. Restano in piedi il “capitano” e la sua Lega che salvò letteralmente anni fa, dopo che era precipitata a poco più del 3 per cento.

Ora, riscesa a poco più dell’8 per cento alle Politiche, dopo essere arrivata alle Europee del 2019 a oltre il 34 per cento, sta risalendo secondo molti sondaggi. Ed è soprattutto di nuovo al governo in un ruolo chiave. “La Lega cala e risale come una fisarmonica, ma ha radici solide, ben piantate da Umberto (Bossi, ndr) e quindi, si rassegnino, ci sarà sempre”, mi spiegò una volta Bobo Maroni. A maggior ragione, è dunque destinata a resistere quella che Salvini ha poi impiantato su tutto il territorio nazionale. Un’operazione di modernizzazione e estensione dell’originario Carroccio, partito post-ideologico, liberale da sempre nell’economia pro crescita e sviluppo, fautore anche con i Radicali di un referendum, purtroppo senza quorum, ma con migliaia e migliaia di si, per la riforma della Giustizia. Tenendo però sempre la barra dritta sul suo dna: l’Autonomia differenziata, peraltro prevista in Costituzione.

In tutto questo, Salvini ora da ministro del Mit ha dato il via al “Cantiere Italia”, con fiore all’occhiello: il Ponte sullo Stretto. Opere fino al 2032 foriere di centinaia di migliaia di posti di lavoro, per una seconda rinascita italiana, come lo fu la realizzazione in soli 8 anni dell’Autostrada del Sole, “la strada dritta”, il cui plastico fu esposto al Mo.Ma di New York.

Salvini ha illustrato giorni fa tutti i progetti a un parterre d’eccezione del mondo dell’imprenditoria, economia e accademico. Ma il Pd e la sinistra hanno derubricato di fatto l’evento, a Roma, alla Lanterna di Fuksas, con splendida vista su tetti e chiese del centro, a una sorta di “covo” di “barbari” con nuove corna di Vercingetorige, da cui sarebbero partite da parte di Salvini offese al sacerdote anti-mafia Don Luigi Ciotti, fondatore di “Libera”.

Ma è una narrazione un po’ da marziani. Visto che eravamo anche presenti, ripetiamo i fatti. Salvini ha risposto con nettezza, senza nominarlo, a Don Ciotti, che “è vergognoso dire che il Ponte unirà due cosche”, perché “due Regioni, Calabria e Sicilia, con i loro abitanti non possono essere definite così”. E che, quindi, “Il Ponte è la migliore opera proprio contro la mafia, perché favorisce crescita, sviluppo, occupazione”. Ha poi fatto una battuta verso chi in generale discredita l’immagine dell’Italia: “Allora, espatrino”. Un passaggio che ha occupato solo pochi minuti dell’evento. E sul quale quel prestigioso parterre non ha avuto nulla da ridire. Anzi, durante l’illustrazione del “Cantiere Italia”, i presenti hanno più volte applaudito Salvini. Compreso, in prima fila (presenza cui i giornali hanno dato scarso rilievo), Luca Cordero di Montezemolo, ex presidente della Ferrari e di tante altre cose, anche presidente e socio fondatore di Italo.

A proposito, è il treno per Foggia “scandalo” della lettura della Recherche du temps perdu impedita dai “lanzichenecchi” a Alain Elkann. E Cordero di Montezemolo, ci si passi l’ironia, è difficilmente classificabile come frequentatore di “lanzichenecchi”, che in questo caso avrebbero offeso il valoroso sacerdote anti-mafia Don Ciotti. Dalla cui non felicissima frase però Salvini si è sentito legittimamente in dovere sul piano istituzionale di difendere le due regioni in questione. Don Ciotti poi precisa: “Io volevo mettere al centro le priorità, che migliaia di giovani tornino nelle loro terre, non intendevo dire se il Ponte vada fatto o meno”. Intanto, al via la storica festa leghista di Cervia, in Romagna, dove stasera sarà Salvini, che dialogherà con Daniele Capezzone e Agnese Pini. Il 2 agosto Giancarlo Giorgetti sarà invece intervistato da Lucia Annunziata. E ieri sera ospite Luigi Marattin, capogruppo di Iv alla Camera, soddisfatto per il “bel confronto” con l’omologo della Lega, Riccardo Molinari. Ricchi e variegati parterre per un vicepremier definito “mandante”.

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